Quantcast
Channel: trainspotting – Metal Skunk
Viewing all 123 articles
Browse latest View live

Spunta fuori la versione demo di ‘Roots Bloody Roots’ e scattano i due minuti d’odio verso Gloria Cavalera

$
0
0
ma quanto erano belli?

quanto spaccavano, mannaggia.

Gloria Cavalera è la donna che ami odiare. Additata sin dal primo momento, probabilmente a ragione, come causa primaria dello scioglimento* dei Sepultura e del rincoglionimento del marito, in seguito è caduta un po’ nel dimenticatoio  perché dei Soulfly non importa niente a nessuno e perché è diventato lo stesso Max il bersaglio preferito di insulti, bestemmie e madonne varie. Forse a Gloria mancava essere la protagonista dei nostri due minuti d’odio, quindi dalle pagine del suo blog (ha un blog!) ha pubblicato una versione demo di Roots Bloody Roots registrata dal solo Max nella cucina della loro casa qualche tempo dopo essere tornati dal tour di Chaos AD. Questa però non è la solita versione demo: è un tremendo scarabocchio musicale pastoso e melmoso,  con voce filtrata ed effettistica da acciaieria, una specie di cover band di Marilyn Manson composta da ragazzini metrosexual dopo una lobotomia e sotto effetto di qualche droga chimica tagliata con la candeggina. Del tipo: se Chicoria avesse avuto una band metal negli anni novanta, probabilmente sarebbe uscita una cosa del genere.

Chi c’era all’epoca si ricorderà delle opinioni contrastanti con cui fu accolto Roots, percepito da molti come troppo sperimentale e inconcludente, specie perché a firma di un gruppo che pochi anni prima aveva composto Arise:  dopo aver ascoltato questo pezzo, però, si può intuire che l’anima sperimentale e inconcludente dei Sepultura fosse  proprio Max. Io mi immagino la faccia di Andreas Kisser quando si è ritrovato ad ascoltare questa schifezza, con magari Max Cavalera davanti tutto contento che gli parlava delle nuove tendenze, dell’industrial come futuro del metal, del nu metal come futuro del metal, eccetera. E lui che ascoltava, sforzandosi di rimanere serio, rifuggendo dalla tentazione di buttarsi dalla finestra o di buttare Max Cavalera dalla finestra, cercando disperatamente di trovare la diplomazia necessaria per dirgli che beh, sì, il riff è buono, l’idea è carina, però magari la riarrangiamo, ci mettiamo tipo un assolo magari, che ne dici Max, un bell’assolo, ti ricordi che begli assoli che facevo io eh? Marilyn Manson mica li fa gli assoli che faccio io, e poi tuo fratello è tanto bravino alla batteria, magari gli riscriviamo le parti, bisogna valorizzare le nostre doti, etc. Ovviamente la diplomazia avrà funzionato fino a un certo punto, anche perché poi sappiamo com’è andata a finire, purtroppo. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)

*me ne sono reso conto rileggendo: ho scritto proprio scioglimento. È un mondo difficile.



AGALLOCH – The Serpent & The Sphere (Profound Lore)

$
0
0

agalloch the serpent & the sphereA coloro che hanno vissuto dentro una caverna negli ultimi dieci anni, e che quindi non conoscono gli Agalloch, basti sapere che questi ultimi sono il gruppo capostipite del cosiddetto metal cascadico i cui primi tre dischi sono tra i più belli della storia dell’umanità; purtroppo il quarto gli era uscito malissimo, probabilmente anche a causa dell’interesse smodato che a un certo punto, per qualche motivo, gli Agalloch cominciarono a suscitare tra gente diciamo così estranea al genere; questo li portò a voler fare tutto l’opposto di quello che ci si aspettava da loro: all’epoca ci si aspettava un disco ancora più post-qualcosa, una cosa tipo Explosions In The Sky, che poi sarebbe stata un’evoluzione anche abbastanza naturale dopo Ashes Against The Grain; e invece Marrow Of The Spirit si rivelò essere una roba blastona tirata a lucido, una specie di versione Nuclear Blast di The Mantle.

È chiaro che sono pure speculazioni e la cosa potrebbe essere andata in tutt’altra maniera. Però è plausibile: sarebbe anche una visione romantica, quella degli Agalloch che sfanculano gli indiboi e cavalcano verso la rovina e la fine del mondo e la morte commerciale  - non tanto perché ora vendano di meno ma perché avrebbero potuto vendere molto di più; sarebbe una visione romantica, quindi, se non fosse che Marrow Of The Spirit era davvero brutto e senz’anima. Quindi sto speculando, dicevo, ma magari è andata così: magari hanno voluto fare apposta un disco cafone per una scelta anticommerciale. Ciò spiegherebbe pure Faustian Echoes, la canzone di venti minuti uscita qualche tempo fa, ancora meno appetibile da un pubblico di gente con gli occhiali, essendo un pezzo depressive black metal alla vecchia maniera. 

Insomma, li si aspettava al varco per capire se bisognasse mettere una pietra sopra agli Agalloch oppure no. È quindi con grandissimo giubilo che ci accontenteremo di questo The Serpent & The Sphere, fondamentalmente un Pale Folklore parte seconda, che sembra uscito dalla seconda metà degli anni novanta anche nel suono e nel riprendere certi piccoli dettagli tipici di quel periodo ma che poi non hanno trovato sviluppo nelle successive evoluzioni del genere. Certo, sa di artefatto (cit.), e fa specie ritrovarsi gli Agalloch, proprio gli Agalloch, a fare un disco di maniera; ma sapete come vanno queste cose. La canzone migliore rimane Celestial Effigy, di cui avevamo già parlato: il resto del disco si lascia ascoltare, e poco più. Non aspettatevi che ora mi metta a descrivervi asetticamente un disco degli Agalloch perché non si può descrivere asetticamente un disco degli Agalloch, pur se non uno dei migliori. Rimane comunque una sensazione di scampato pericolo, almeno per il momento, perché poteva andarci molto, molto peggio.  (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


Cosmic rebels: intervista agli AIRBORN

$
0
0

1910988_10152473445028885_5252957045756240114_o

Non faccio un’intervista dal 2007. La motivazione è che, quando ero sul Metal Shock cartaceo, ero chiaramente obbligato a farne decine con gruppacci improbabili a cui non sapevi minimamente cosa chiedere, la cui pochezza musicale era superata solo dalla pochezza delle loro dichiarazioni. Quando la rivista chiuse mi venne quindi una specie di rigetto, anche perché di solito un’intervista richiede una quantità di tempo sproporzionata rispetto all’interesse che poi attira: onestamente, un’intervista con, diciamo, gli Mnemic, che richiede comunque due-tre ore solo per la sbobinatura, chi cazzo se la legge poi?
Quindi questa è la mia prima intervista da parecchi anni a questa parte. Ho scelto di farla con i torinesi Airborn perché se lo meritano, perché credo che siano il gruppo power più sottovalutato d’Italia e perché la loro Born To Fly è una delle canzoni che ho cantato di più sotto la doccia in vita mia. Vi ho già parlato di Against The World, il loro primo album e per quanto mi riguarda il loro capolavoro; adesso il cantante/chitarrista e lider maximo Alessio Perardi ci parlerà del loro quarto album, il bel Dark Future Rising.

In Dark Future Rising ho notato un’impronta più teutonica, specie nell’incedere e nelle ritmiche, anche se le linee melodiche continuano a caratterizzarvi come un gruppo italiano. Sei d’accordo?
Sono d’accordo sull’impronta teutonica ma non è una novità, l’abbiamo sempre avuta! I gruppi power italiani sono davvero molto diversi da noi… l’unica cosa che ci accomunava nei primi dischi era l’uso incessante di orchestre e tastiere di sfondo. Poi ci siamo un po’ stufati anche di quelle… in Legend Of Madog c’era solo un po’ di Hammond in un brano e zero tastiere nel resto, in Dark Future Rising sono tornate un po’ ma molto leggere. Tornando al power tedesco, è la nostra e soprattutto la mia passione in ambito metal. Gira e rigira, questo genere l’hanno inventato loro e il loro approccio nel farlo per me rimane l’unico davvero genuino. Chi è riuscito a fare dischi migliori di Somewhere Out In Space, Black Hand Inn, Nightfall o Unification negli ultimi anni? Secondo me nessuno.

Visti da fuori, la cosa che sembra caratterizzare maggiormente gli Airborn, sia come persone che come musicisti, è una passione talmente forte e genuina da essere quasi ingenua. Pensi che questo vi abbia alla lunga penalizzato, rispetto a vostri ‘colleghi’ un po’ più paraculi?
Siamo fatti così: ci piace quello che facciamo e un po’ meno fare scena o andare a cercare quello che va di moda. Tanto, rockstar non lo diventa nessuno in questo vituperato genere: meglio fare le cose che ci divertono e ci piacciono. Se abbiamo voglia di provare qualcosa musicalmente lo proviamo, se abbiamo voglia di fare un testo con humor lo facciamo, se vogliamo parlare di politica/religione/società/argomenti seri a scelta, pure… non è che ci facciamo grossi problemi sulle conseguenze! Fra l’altro ci tengo a precisare che Dark Future Rising è un progetto rigorosamente “stronzi free”: dalla nostra casa discografica Remedy Records, al mastering di Piet, al merch di Overzone, al booking di GLZ, alle band con cui abbiamo suonato (Iron Savior, Longobardeath, Soul Mask e Energy Of The Elements), al nostro crew (Ago, Loretta e Davide) ai posti dove abbiamo suonato… abbiamo scelto solo persone che avessero un lato umano positivo e onesto. Noi stessi ci imponiamo di essere sempre gentili ed educati con tutti. Alcuni dicono che solo gli stronzi portano a casa i risultati, i fatti mi stanno dimostrando il contrario e sono molto felice! 

1781962_10152491718338885_2970287985647588179_n

I primi due dischi sono stati prodotti da Piet Sielck, gli altri due da te. Perché hai voluto cambiare? Cosa ti ha insegnato Piet?
Ho passato i primi anni ‘80, quando ero bambino (ebbene sì, vado per i 40 ormai!) nello studio di mio padre, che all’epoca aveva una sala d’incisione fantastica, e la prima cosa che mi ha insegnato (per farmi diventare un vero uomo, presumo) è stata saldare i cavi audio a stagno. Ovviamente registrare e fare produzioni è sempre stata una grossa aspirazione per me. Piet mi ha insegnato tutto il resto, anche al di là dell’aspetto puramente tecnico: arrangiamento, armonie e anche un bel po’ di deontologia professionale tedesca. La mia stima nei suoi confronti è pressoché infinita! Comunque abbiamo continuato a collaborare con lui anche sugli altri dischi, in Dark Future Rising ha curato il mastering, ha fatto un assolo come ospite e ci ha dato alcune dritte sul mix. Senza contare che abbiamo fatto un po’ di date in Italia con gli Iron Savior ed è stata una gran bella esperienza! Parlando di lavori in studio, faccio un po’ di promozione, già che ci sono: recentemente ho prodotto anche il disco solista di Elisa Over, che magari consocerete per la sua militanza nei White Skull o per il suo gruppo attuale, gli Spidkilz. E’ un gran bel disco, diverso dal solito, ve lo consiglio caldamente!

Negli ultimi due album, Legend of Madog e Dark Future Rising, c’è stato un indurimento del suono e inoltre trovo che i riff siano più rocciosi e quadrati, per così dire. È solo a causa della diversa produzione o è frutto del vostro processo evolutivo?
Un po’ tutte e due le cose. Stiamo, da un lato, diventando dei vecchierelli nostalgici e quindi abbiamo recuperato un po’ di stile Judas Priest e vecchia scuola, dall’altra sono venute fuori maggiormente le influenze degli altri membri del gruppo che vanno un po’ al di là del power a livello di suoni e durezza, e io stesso ne sono stato contagiato piacevolmente!

Con nomi storici del power come Kai Hansen e Piet Sielck tu condividi la passione per la fantascienza, oltre che per il fantasy. Se qualcuno volesse utilizzare i dischi degli Airborn per altrettante colonne sonore, a quali film li assoceresti?
In Dark Future Rising ci sono due pezzi ispirati ad altrettanti film di John Carpenter: They Arise è liberamente tratta da Essi Vivono, e Reign Of The Human Race da Fuga da Los Angeles. Non è nel ramo delle cose plausibili ma se mai Carpenter usasse un pezzo degli Airborn in un suo film, penso che piangerei come un bambino per settimane… Aneddoto: la nostra Heavy Metal Wars è palesemente ispirata ai Transformers. Quando stava per uscire il film del malefico Michael Bay, avevo inviato un mp3 al produttore Don Murphy: inspiegabilmente ci hanno preferito i Linkin Park. Cavolo!

Se tu non avessi avuto un gruppo, avresti fatto come quei tizi che su youtube suonano le vecchie sigle dei cartoni animati e dei videogiochi? Tu lo hai già fatto con Heavy Metal Bubble, anche se mi pare fosse suonata con soli strumenti elettronici…
Getto la maschera: sono un superfan della musica del Commodore 64 e dell’Amiga e per rilassarmi ascolto anche due radio che la suonano incessantemente: c64radio.com e c64radio.com/Amigaradio. Non solo: io stesso ho fatto un sacco di rifacimenti di classiconi del genere. Ho anche un progetto parallelo che si chiama Future-X, in cui faccio musica su quello stile, ed ho appena pubblicato un nuovo disco. Cercate Future-X su facebook se vi va (astenersi metallari defender incalliti oppure mi odierete e sentirete un irrefrenabile desiderio di farmi del male). Non preoccupatevi comunque, io sono un tipo eclettico a livello personalità multipla, quindi queste mie passioni non intaccheranno la durezza e purezza degli Airborn. Ah, se volete un grande remix metal di un classico del genere, guardate Turrican – The Final Fight dei Machinae Supremacy.

In Dark Future la chitarra solista inizia un po’ riecheggiando Seven Nation Army: è un portafortuna per i Mondiali? A  proposito, chi vince?
Oddio! Seven Nation Army??? Chiedo perdono se l’ho fatto… Odio i White Stripes con tutto me stesso!!! Beh no, sto esagerando, in effetti quel pezzo non era nemmeno così male… Vabbè, comunque non l’ho fatto apposta. Non sono un superesperto di calcio, anche se in periodo mondiali la mia passione italica si risveglia. Potrei azzardare che il Brasile potrebbe ben figurare, dato soprattutto il fattore campo/climatico etc, che l’Italia potrebbe dare soddisfazioni se gioca Immobile al posto di Balotelli, che come al solito tiferò di nascosto per la Grecia e che un mio amico francofono mi ha dato il Belgio come sorpresa di questi mondiali… Sarà vero? Ho dato più pareri calcistici in questa risposta che in tutta la mia vita messa insieme, quindi il loro valore è praticamente pari a zero. Siate comprensivi.

Tobias Sammet una volta disse che aveva formato gli Edguy allo scopo di rimorchiare le ragazze alle assemblee di istituto. Tu perché hai formato una band?
Considerando che Toby Sammet è l’unico cantante power a cui ho visto fans lanciare mutandine e reggiseno, penso che la sappia lunga a riguardo… Io più che altro l’ho fatto perché sono un compositore compulsivo e tutto quello che scrivo dovevo pur usarlo in qualche modo.

Come da tradizione, hai carta bianca per dire tutto ciò che vuoi ai lettori di MS.
Grazie mille per l’intervista e grazie anche ai lettori di Metal Skunk! Se volete saperne di più sugli Airborn fate un giro sul nostro sito www.airbornband.com o sulla nostra pagina facebook.


Quando le scimmie organizzano concerti: METALLICA @Rock in Roma, 01.07.2014

$
0
0

L’organizzazione peggiore della storia. INCOMPETENTI è troppo poco: anche io sono incompetente in materia, perché non ho mai organizzato un concerto, ma di sicuro avrei fatto molto meglio degli organizzatori del Rock in Roma pure se fossi stato lobotomizzato e sotto effetto di eroina. RITARDATI sarebbe più giusto, ma la gente che ha la sfortuna di nascere con un ritardo mentale ha una dignità e sarebbe un crimine accostarla alle quattro scimmie che organizzano questa fogna. Ecco, forse SCIMMIE è la parola giusta. Una cosa del genere poteva venire in mente solo a un branco di scimmie rabbiose chiuse in una stanza mentre si tirano addosso i propri escrementi. Il Rock in Roma va boicottato, ma non per principio, ma perché è da pazzi irresponsabili ripiombare in quel porcile dopo aver sperimentato una volta tutto lo schifo e la merda e la bassezza umana che lì trova il suo punto più basso. Andiamo con ordine.

LA LOCATION. Demenziale. Capannelle è un ippodromo, quindi un posto che spesso e volentieri puzza di letame e stalla, posizionato su una via strettissima e strategica che si chiama via Appia, ai confini di Roma, unica arteria o quasi per i pendolari che vanno e vengono dai Castelli Romani (i paesini tipo Albano Laziale, Marino etc, abitati per gran parte da pendolari). Quindi, anche a partire con larghissimo anticipo, ti trovi imbottigliato per ore. Lì intorno non ci sono parcheggi, quindi l’unico modo è usare il parcheggio interno.

IL PARCHEGGIO (IN ENTRATA). Una sola porticina per entrare, gestita da scimpanzè lobotomizzati, probabilmente reclutati in una grotta o in una galera, che non fanno un cazzo e stanno lì solo a gridarti addosso cose maleducate e senza senso. Nel frattempo nessuno gestisce il traffico e quindi è facilissimo che le macchine si tamponino per cercare di entrare in quell’unica porticina. Davanti a noi un tizio ha quasi portato via la fiancata di una Smart, ma il proprietario della Smart, pure incazzatissimo, ha preferito proseguire perché altrimenti avrebbe bloccato la fila per ore. Chissà quanti tamponamenti ci sono stati; immagino tantissimi, perché era proprio la situazione ideale perché ciò avvenisse. Chiaramente gli scimpanzè di cui sopra si sono girati dall’altra parte, e addirittura l’unico a interessarsi della Smart è stato uno dei tantissimi bagarini che infestavano la zona, nell’indifferenza totale di quegli altri campioni olimpionici di brillantezza mentale chiamati vigili urbani.

L’INGRESSO A PIEDI. Anche qui, una sola porticina con un solo omino che controllava sia biglietti che zaini (l’unico simpatico però, onore a lui): quindi, nonostante il biglietto d’ingresso fosse unico per tutti, sono riusciti nell’impresa di creare una fila mostruosa. Ripeto, se mi asportate il lobo temporale e mi iniettate eroina nei bulbi oculari sarei comunque capace di organizzare una cosa migliore. Anche perché io ho visto come funzionano situazioni simili altrove, cosa che di sicuro le scimmie epilettiche del Rock in Roma non hanno mai fatto perché vivono sugli alberi e passano il tempo a tirarsi addosso i propri escrementi. 

pissing-monkey

LA LOGISTICA INTERNA. Non ho mai fatto tanta strada a piedi per andare dall’entrata di un concerto al palco. Chi ha organizzato la logistica interna è uno che va preso, chiuso in una stanza coi materassi alle pareti e occasionalmente bersagliato dagli escrementi di qualche altro animale suo simile. Ripeto: Capannelle è un ippodromo, quindi un gigantesco spazio erboso che puoi gestire praticamente come ti pare. Per una persona anche vagamente normale sarebbe un sogno poter gestire una cosa così, ti sbizzarrisci come vuoi. E invece il palco è messo in un angolino, di spalle all’entrata (a centinaia di metri dalla stessa, peraltro) e chiuso da due lati. Quindi ci sono decine di migliaia di persone ammassate come bestie in quest’angolino e uno spazio equivalente a svariati campi da calcio completamente libero. Chiaramente questa è solo la punta dell’iceberg: questo stesso esiguo spazio è pieno di transenne che delimitano spazi incomprensibilmente vuoti che potrebbero contenere altre persone, tipo, e invece contengono solo gli avanzi di galera della security che ti abbaiano contro se gli chiedi un’informazione. In altri casi ci sono solo scimpanzè random che lavorano lì e chiaramente non fanno un cazzo e non sanno un cazzo, e se gli chiedi, come ha fatto la mia amica Bob, “Scusi, l’ingresso per il pit?” ti rispondono “ER PITBULL? AHO ER CANE MIO STA IN MAGHINA” per poi darsi di gomito con lo scimpanzè al proprio fianco e continuare a tirarsi addosso i propri escrementi. Il fatto che lo spazio non sia aperto ma delimitato da tutto questo dedalo irrazionale di transenne e corridoi vuoti fa sì che per andare da un punto all’altro devi fare tutto un percorso a zig-zag, e fa sì peraltro che se dovesse scoppiare un minimo incendio lì dentro moriamo tutti, anche perché da due lati c’è il muro, da un altro c’è il palco e il lato ‘libero’ è pieno di transenne.

MANGIARE E BERE. Bisogna essere davvero dei poveri mentecatti mai usciti fuori dal raccordo anulare per mettere quasi tutti gli stand di cibo e bevande vicino all’entrata, dalla parte opposta rispetto al palco che non solo è distante tipo 2-300 metri ma sta pure di spalle. Quindi tu per mangiare e bere devi perderti il concerto. E vabbè, direte, ma almeno c’è abbondanza di stand, quindi non si fa la fila. E invece col cazzo, fratelli del vero metal. Pochissimi stand e mezz’ora di fila per poter finalmente parlare con la classica cassiera maltrombata romana che ti tratta come una pezza da piedi e ti sbatte davanti lo scontrino e poi FARE UN’ALTRA FILA per farti dare la birra. Nell’area del concerto poi meglio scordarsi di prendere da bere perché chiaramente lì ci sono due gazebo in croce e le file raggiungono tempi biblici. rexfeatures-421192uRicordo sempre che c’erano decine di migliaia di persone. Quindi NON SI BEVE, NON SI MANGIA e se per caso scoppia un incendio SI MUORE. All’Hellfest c’erano molte più persone ma non ho mai fatto più di due minuti di fila per bere una birra. Ma non è finita qui. Volete ridere? Nel pit, il biglietto per il quale costava 100 euro, non c’erano stand. Quindi, anche se fossi stato disposto a farmi tre quarti d’ora di fila per una birra annacquata, sarei comunque dovuto uscire dal pit. Noi eravamo una decina e chiaramente non abbiamo mangiato né bevuto per tutto il concerto: abbiamo calcolato che gli avremmo lasciato circa 200 euro, che sono rimasti nelle nostre tasche alla faccia di Matteo Renzi e del contante che deve circolare. Si vede proprio che agli scimpanzè manca lo spirito imprenditoriale.

MERITOCRAZIA. La maleducazione e l’analfabetismo sono ovviamente la prima cosa che guardano quelli del Rock in Roma nei curriculum dei loro dipendenti. Se i tuoi genitori sono persone perbene che ti hanno insegnato a non cacare per strada, non sei l’uomo che fa per loro. Devi essere un pregiudicato, un primate, un camorrista, uno scappato di casa, uno zingaro beccato in flagranza a rubare rame, uno spacciatore di crack, una bestia di Satana, Pietro Maso, Kabobo o qualcuno del genere. Vi faccio solo un esempio. Alla fine del concerto, all’interno dell’area, quando ancora c’erano migliaia di persone dentro, uno di questi luridi pezzi di merda della security ha impedito a un ragazzino di 14 anni di sciacquarsi la faccia a una fontanella dove c’erano già 5-6 persone a farlo. Alle mie educate recriminazioni è stato risposto ‘Aho ma tu c’hai na bottiglietta d’acqua, perché non gli dai quella?’, e alla mia risposta ‘Guardi, ha 14 anni e vuole sciacquarsi la faccia. Non vuole bere. Ha 14 anni. Ci mette dieci secondi e poi andiamo’, mi è stato risposto ancora ‘Aho ma tu c’hai na bottiglietta d’acqua, fallo bere da quella, E POI IO VI STO GIA’ FACENDO UN FAVORE A FARVI STARE QUI’, ovviamente mettendomi le mani addosso. Questa è gente che non merita di respirare la mia stessa aria, di votare o di camminare a piede libero. La democrazia è una puttanata, amici. In un mondo perfetto questa gente sarebbe messa al muro e fucilata, non prima di essere però bersagliata da palle di escrementi. E a chi risponde ‘Eh ma purtroppo la security è così ovunque’ posso rispondere fornendo esempi di innumerevoli posti in cui sono stato e nei quali la security è addirittura gentile, disponibile e simpatica. Non solo all’estero; basta andare al Fosch Fest, per dirne una.

Monkey_Office_1A

IL PARCHEGGIO (IN USCITA). Tutto ciò che è stato scritto qui sopra non è NULLA in confronto al girone dantesco subito da chi ha parcheggiato nel parcheggio interno. Cioè tutti, visto che altri posti in giro non ce n’erano (vedi alla voce LOCATION). Ripeto: Capannelle è un ippodromo, dunque un enorme spazio erboso che, se gestito da esseri umani financo lobotomizzati, sarebbe stato un parcheggio perfetto. E invece non solo non c’era nessun tipo di segnale di riconoscimento per ritrovare la macchina (tipo settore A, B, etc), il che è devastante specie perché non c’è illuminazione (non sto scherzando) e quindi rischi di girovagare per ore al buio a cercare la macchina stando attento a non spezzarti una gamba in uno degli innumerevoli fossi sparsi là in giro e nei quali a volte si trovano bottiglie rotte o addirittura siringhe usate; ma era pure lasciato alla totale anarchia, senza nessun inserviente e nessuno che ti dicesse dove andare, cosa fare, eccetera. Per uscire quindi devi andare a naso, considerando che c’è sempre quella solita unica piccola porticina per migliaia di macchine e lontana centinaia di metri, e considerando che non ci sono vere e proprie strade ma solo un dedalo di sentieri sterrati. Un vero e proprio labirinto dal quale ci abbiamo messo DUE ORE a uscire. DUE ORE. E so di gente che ci ha messo TRE ORE. Fratelli del vero metal, chiedo a voi: ci avete mai messo ORE a uscire da un parcheggio? Io penso che neanche al derby di Rio de Janeiro la gente ci mette ORE dal momento in cui entra in macchina al momento in cui varca la porticina del parcheggio. È stata un’esperienza allucinante. Per un’ora abbondante siamo stati fermi in macchina esattamente dove l’avevamo lasciata, circondati da altre macchine ferme, senza neanche metterci in coda perché non c’era una vera e propria coda. Fermi lì, a motore spento, con la gente che sclerava. Piano piano sentivi che intorno a te le cose degeneravano. Il glorioso Paolo Bianco, nostro ospite d’onore, ha tirato fuori il paragone perfetto: La notte del drive-in di Joe Lansdale. Se non l’avete letto, fatelo. Già sentivamo le prime urla belluine e i primi litigi senza senso, dovuti alla frustrazione e alla rabbia. Due tizi si sono messi a litigare per chi amava di più Max Cavalera. Due altri si sono insultati per un’ora perché uno se la prendeva incomprensibilmente con il guidatore, che gli rispondeva bestemmiando e dicendo ‘Zitto e pensa a dormire! Devi morire e devi crepare! Che ti puzzano pure i piedi! DORMI E CREPA!’. Eccetera. La mia amica Bob ha iniziato a parlare con un grillo appoggiatosi sul parabrezza. In lontananza ho sentito la bestemmia più ad alto volume mai registrata. A un certo punto abbiamo pensato di essere tutti morti e che quello era il nostro purgatorio per metallari. Pensateci, è plausibilissimo. Bloccati in una situazione kafkiana, in una macchina ferma, in mezzo a migliaia di macchine ferme, al buio, con qualcuno che sparava i Sepultura di sottofondo, sporchi, sudati e impolverati, con un’uscita lontana centinaia di chilometri e che, a quel punto di alienazione in cui eravamo, temevamo potesse non esistere, condannandoci a girare in eterno in quel dedalo umido e puzzolente di letame per cavalli. Ultima beffa, per non farci mancare niente: il parcheggio costava 5 euro. Ovviamente pagati in anticipo, anche perché quando siamo usciti non c’era l’ombra di un inserviente nel giro di chilometri.

SelfMonkey-thumb-600x723-131986LE NAVETTE. Non so dire molto delle tanto strombazzate navette perché per l’appunto eravamo in macchina, però penso che basti sapere che alle 3 e mezza, quando siamo riusciti finalmente a uscire da quell’inferno (lasciando dietro di noi altre migliaia di macchine che chissà, magari mentre scrivo sono ancora lì), ho visto centinaia di metallari accasciati alle fermate dell’autobus che immagino non sia mai passato. Alcuni temerari sono stati visti mentre, comprensibilmente disperati, si facevano via Appia a piedi cercando di raggiungere la stazione Termini, e sono 20 chilometri spesso senza marciapiede.

LA LEGA NORD. Forse hanno ragione loro. Paolo Bianco è di Milano e io mi sono vergognato come un ladro (anzi peggio: come un organizzatore del Rock in Roma) perché queste sono le esperienze che segnano il tuo giudizio su una città e tu non puoi neanche dargli torto. Io sono meridionale, ma vivo a Roma da tempo immemorabile e sono innamorato di questa città; ma se continua così mi costringeranno a scappare da qui e io li odio per questo. Vorrei anzi specificare che nella zona del profondo Sud dalla quale provengo queste cose non solo non potrebbero mai succedere, ma vengono organizzati eventi anche molto più grossi senza che noi ci si vergogni di noi stessi. E siamo molto più educati. Roma è ormai diventata il simbolo di tutto quello che fa schifo e va male dell’Italia, e se Borghezio non prende ancora il 90% è solo perché la gente ormai ha perso anche la speranza.

IL CONCERTO. Quello è stato bello, niente da dire. Lars Ulrich è imbarazzante e si sapeva, James Hetfield è il maschio dominante per eccellenza e anche quello si sapeva, eccetera. Hanno suonato due ore e un quarto con grandissimo dispendio di energie e tenendo il palco come pochissimi sanno fare al mondo. È un peccato che un concerto del genere sia stato rovinato da un’organizzazione indegna di un paese del terzo mondo. Ovunque voi siate, andate a vedere i Metallica, ma non al Rock in Roma. Non andate al Rock in Roma neanche se dovessero venire gli Ac/Dc con di supporto Gesù Cristo e i dodici apostoli.

Do you ever think about
what a lovely place the world would be
without all the people
that make life so unpleasant?

All the small, petty people
All the ugly, annoying people
It’s hard not to think about it

I like to think about
what could be
done to these people
Something cruel
Something mean
Something just
But the meaner the better
Goodness knows they deserve it

Have you ever dreamed of
killing all the stupid people?
Not just the unintelligent people
but the sort that don’t know anything about anything
but seem to have opinions about everything
They’re only too ready to offer their advice about
how to run your life
And yet look at how they run their own lives
For the most part they’ve accomplished nothing
They’ve contributed nothing
Their lives are miserable
But they talk, talk, talk
At the very least their tongues should be cut out
At the very least

Do you ever wanna
kill all the people who tell lies?
Some certainly deserve it
Not necessarily the big liars
or even those who teach lies as truth
I’m talking about people
who say one thing and do another
or who tell you they sent something express mail
when you know they haven’t

Did you ever want to
kill all the slow people in the world?
The people who are in front of you
when they should be behind you
A crime that the swift should be help back by the slow
And it’s criminal that nothing is going to rectify it

And what about all the really ugly people?
Add them to the list as well
Some people try not to think about life’s ugliness
I’ve thought about it
I’ve thought about it quite a lot
Something should be done to these people
Something to make them suffer
the way they’ve made us suffer

I say, bring back the circus maximus
for starters
Unless these weeds are dealt with
they’ll poison everything
They are poisoning everything
We need a gardener
A brutal gardener
A thorough, thoughtful gardener
An iron gardener

Whatever happened to Vlad the Impaler?
Where’s Genghis Kahn when you need him?
Or Roi d’Ys?
Ayatollah Khomeini
Adolf Hitler
Benito Mussolini
Nero
Diocletian
Kitchener
Come back! COME BACK!


HELLFEST 2014, l’alfabeto del devasto

$
0
0

crop_news-thanks1

A come ANZIANITÀ. La nostra, che non siamo più i panzer di una volta. Oddio, la fiamma nera del metallo ci protegge, quindi alla fine sopravviviamo sempre. Io però a un certo punto mi sono addormentato sotto il boschetto di fronte ai palchi centrali e mi sono risvegliato mentre suonavano i Sepultura. Per l’anno prossimo a Charles era venuta l’idea di andarci in camper ma mi sa che è saltata, Carlè. In camper arriviamo massimo all’Agglutination.

B come BLASHYRK. Una enorme cornacchia nera su una piattaforma in posizione strategica che è diventata il nostro punto d’incontro, sia per la posizione strategica sia soprattutto perché era per l’appunto una enorme cornacchia nera, che associavamo al possente corvo Blashyrk che sorveglia le anime dei morti e che dava l’opportunità a Michele Romani di strillare screaming al cielo quando non si sentiva osservato.

C come CROWDSURFING. Avete rotto il cazzo.

D come DEATH TO ALL. Per quanto mi riguarda la sorpresa più grande dell’Hellfest. Sono riuscito a vedere solo una ventina di minuti, ma è stato probabilmente il concerto migliore dell’intero weekend da parecchi punti di vista. Mai mi sarei aspettato qualcosa di così enorme. Il suono era perfetto. Non so se riesco a rendere l’idea dicendo perfetto. Era come sentirsi un cd dei Death su uno stereo professionale sparato al massimo. Purtroppo non esistono riprese professionali dell’evento, ma da qualche video su youtube si riesce a intuire. Inoltre raramente ho sentito gente suonare così bene dal vivo: del resto avevo di fronte metà dei Cynic e Steve DiGiorgio che suonavano cose come Flattening of Emotions e Spirit Crusher, voglio dire. Hanno chiuso con la doppietta Zombie Ritual/Pull The Plug e in quel momento ho deciso che avrei dovuto andarmeli a vedere da qualche parte al più presto e a ogni costo, senza badare troppo ai soldi o all’incolumità psicofisica, perché questo è uno di quei casi in cui, se sei metallaro, tutto il resto passa in secondo piano. Lo consiglio anche a voi: se amate i Death, prendete il primo aereo disponibile e correte a vederli ovunque suonino.

arredamento del paninaro corso

arredamento del paninaro corso

E come EPIDEMIA. Quella che abbiamo rischiato noi e tutti gli altri avventori del mefitico stand di panini all’esterno del festival, gestito da corsi. Un posto così lurido che al confronto i peggiori centri sociali impallidiscono. L’ultimo giorno il tizio che serviva le patatine le prendeva a manciate senza coprirsi l’enorme cerotto che aveva sul pollice, completamente zuppo di olio rancido, sangue e pus, una roba che si sarebbe messo a vomitare pure Bear Grylls.

F come FOTO CON LA GENTE COLLASSATA. Devono assolutamente diventare la nuova moda di internet, e insieme alle capre che urlano dovranno soppiantare le immagini coi gattini pucciosi.

G come GLOBALIZZAZIONE. Due esempi opposti: il primo è un tizio indiano, coi capelli lunghissimi e la maglia di In The Nightside Eclipse, beccato nelle prime file durante gli Emperor e che conosceva tutti i testi a memoria. Calcolate che neanche io e Mighi Romani conosciamo a memoria tutti i testi di quel disco sia perché lì la voce non si percepisce benissimo sia perché nel booklet le liriche sono scritte in maniera discorsiva, senza il punto e a capo. Abbiamo cantato Inno A Satana tutti e tre abbracciati e quello sembrava quasi sul punto di piangere.
L’altro esempio è un coglionazzo mulatto che, dopo la vittoria del Costa Rica sulla Nazionale, ha sentito Carlo in fila al bar e ha dato il via a questa conversazione:

“Sei italiano? Io sono costaricano!”
“Mi fa piacere.”
“No dai, scherzo, sono francese ma voi avete perso col Costa Rica, ahahah!”
“Quindi sei francese? Strano, dal colore della tua pelle mi sembrava fossi davvero costaricano”.

Il tizio lo ha imbruttito ma Carlo gli ha riso in faccia ed è rimasto fermo, facendolo andare via con la coda tra le gambe. Perché noi possiamo pure uscire ai gironi, però voialtri state calmini eh. Hail a valanga al beneventano più amato dagli Dèi del metal, che Satana protegga per sempre il blackster indiano e che lo spirito di Marco Materazzi possa spezzare i malleoli del mentecatto col passaporto francese per l’eternità. 10379904_10152186063832536_1222822066584961647_o

H come HORTUS CONCLUSUS. L’Hellfest è davvero un piccolo mondo antico del metallaro, e i tre giorni di durata secondo me sono studiati apposta in base alla resistenza media dello spettatore di un concerto del genere. C’è pure una valuta interna per la birra. Peccato solo che letteralmente di hortus non abbia moltissimo perché è posizionato su una specie di potenziale cava di ghiaia dalla quale si scatenano micidiali tempeste di sabbia e polvere al più leggero alito di vento. Mettetevi un fazzoletto o una bandana davanti a bocca e naso e bagnatela ogni tanto, altrimenti finirete come noi che non l’abbiamo fatto perché pensavamo fosse una cosa poco eterosessuale e adesso abbiamo ancora tutte le vie respiratorie otturate dopo una settimana.

I come ILLUD DIVINUM INSANUS. Io e Ciccio lo abbiamo trovato a 5 euro e l’abbiamo comprato. È un oggetto d’arredamento indispensabile in ogni salotto che si rispetti e poi credetemi che in quei tre giorni di cose hardcore radikult ne abbiamo fatte parecchie.

J come JOHN DOE. Lo sapete, è il nome dato negli USA a quelli che vengono ritrovati in giro senza documenti e senza che si abbia la minima idea di chi siano. Alcuni di quei tizi visti in preda di un collasso particolarmente estremo avranno fatto la stessa fine anche a Clisson, ne sono sicurissimo.

K come KRONENBOURG 1664. A quanto ho capito è l’equivalente della Peroni in Francia, anche se poi tanto ai concerti la birra nel bicchiere di plastica ha sempre quel sapore di Levissima torbata. Del resto è l’unica spiegazione del fatto che se te ne bevi tre litri in un pomeriggio alla fine stai relativamente tranquillo e devi solo stare attento a non prendere malattie ai bagni chimici perché ci andrai circa una volta ogni mezz’ora.

10271248_10152199353142536_7164612960301633944_o

L come LACRIME. Versate in quantità copiosa per i Black Sabbath ma qui, come ha ricordato Ciccio, è inutile parlarne. Quelle versate per gli Emperor, invece, sono state frutto della realizzazione di uno dei miei sogni proibiti d’infanzia. Sono andato all’Hellfest solo per loro (nel senso che se avessero suonato in qualunque altro posto, anche da soli, sarei andato lì) e ho anche preso a calci nel sedere un paio di furbastri che cercavano di spingermi via dal posto che avevo guadagnato dopo un’ora e mezza di attesa. Hanno fatto tutto In The Nightside Eclipse, il primo disco black che abbia mai ascoltato ormai quasi vent’anni fa, più due pezzi da Wrath of the Tyrant. Il vederli con Mighi Romani affianco ha probabilmente fatto allineare le stelle in modo da favorire il risveglio dei Grandi Antichi.

M come MAINSTAGE. Di palchi principali ce n’erano due affiancati, e i concerti partivano alternati a cinque minuti l’uno dall’altro. Si sentiva un po’ uno schifo: gli Iron Maiden ce li siamo più che altro immaginati, i Dark Angel avevano il suono del quintultimo gruppo di spalla di qualche festival thrash metal della Versilia con gli Xentrix headliner. Emperor e Black Sabbath già più decenti anche se lì eravamo davvero sotto il palco. Da lontano non si sentiva nulla: gli Aerosmith è come se non li abbia mai visti, e di altre cose osservate di sfuggita come Behemoth e Soulfly ricordo solo un suono come di uno sciame di zanzare dentro a una busta di plastica. Lì davanti c’era solitamente il più grosso assembramento di persone e per un secondo, durante la calca per avvicinarsi ai Maiden, ho temuto un effetto-Heysel quando  c’è stato un ondeggiamento di troppo; per qualcuno conservare il posto guadagnato era in cima a qualsiasi priorità, come quel tipo che durante i Maiden pur di non correre in bagno si è cacato addosso. È un mondo difficile. Comunque i palchi principali sono all’aperto e vi consiglio vivamente di prendere in considerazione l’ipotesi di usare una bandana bagnata come dicevo prima.

N come NO PROGRAMMI TROPPO ARDITI. Noi ogni giorno pensavamo di guardarci dieci-dodici concerti di fila e poi finivamo puntualmente collassati nel boschetto. Ho perso gli Unleashed e mezzi Kylesa, maledizione a Giovanna D’Arco.

O come ODIO IL KEBAB. Colonna sonora ufficiale della spedizione:

Phil Anselmo c’era coi suoi Illegals ma non l’ha cantata, mannaggia. Di divertente però ha detto che i Motley Crue e gli Skid Row fanno schifo e che i francesi sono degli stupidi ad averlo fatto cantare a mezzanotte perché avrebbero dovuto immaginare che a quell’ora lui è sempre totalmente ubriaco. Al suo concerto ho visto una tipa da sola che sono quasi assolutamente sicuro fosse Ana, la bassista degli Haemorrhage, che su Facebook posta sempre canzoni di gruppi grind e sotto ci scrive temazo o maestros. A proposito di kebab, l’alimentazione del festival è mefitica e quasi sempre finirete per comprare cose a caso perché nessuno capisce l’inglese: addirittura delle bariste non conoscevano il significato delle parole water e hamburger. Cioè tu vendi hamburger e non sai che vuol dire hamburger. Tenete presente che ci si può portare il cibo da fuori, così quantomeno si è sicuri di non stare mangiando salsicce di pantegana o essere umano.

DSC02650 P come POZZE DI PISCIO. Stefano Greco ci aveva avvertito nel report dello scorso anno, ed effettivamente erano lì. Il problema delle file ai bagni maschili è stato completamente risolto con la dislocazione di numerosissime mangiatoie per cavalli indove noi raffinati stilnovisti ci recavamo a orinare, di solito con una mano per aria a fare le cornine. Questa cosa ha effettivamente eliminato qualsiasi tipo di fila ai bagni, ma verso il terzo giorno il sistema ha cominciato a vacillare e le temutissime pozze di piscio si sono formate. Per passarci sopra in alcuni punti ci avevano messo delle assi di legno ma, quando il terreno sotto ha cominciato a cedere per tutto il piscio, quelle stesse assi di legno schizzavano e facevano cic-ciac e vi assicuro, non era piacevole. Ho visto una ragazza fare la pipì nelle mangiatoie. Ciccio invece ha visto un tizio collassato sotto una di queste mangiatoie alla fine dei Turbonegro. Un saluto al grandissimo genio che ha pensato di mettere la ruota panoramica esattamente sopra ad un recinto pieno di queste mangiatoie.

R come ROOTS BLOODY ROOTS. Sentita due volte, a distanza di un giorno, dallo stesso palco, da parte prima dei Soulfly e poi dei rimasugli dei Sepultura. Entrambe le volte mi è sembrato di sentire due cover.

S come SNIEZKA. La vodka migliore di tutto il Carrefour. A proposito di vodka, due parole per i millemila russi che popolavano il residence è d’obbligo; rigorosamente in mutande a ogni ora del giorno e della notte, con panze mostruose che esibivano fieri mentre bevevano qualsiasi cosa contenesse alcool sin dal primo mattino. Andavano a dormire dopo di noi, bevendo, e si svegliavano prima di noi, bevendo. Durante il giorno, indovinate? Bevevano. Uno di loro, in preda ai fumi dell’alcool, ci ha detto “Russia, Ucraina, Bielorussia, tutti fratelli!”. Come no. Nasdrovie!

1537475_10152183539212536_5596615952839527240_o

T come TEMPLE/ALTAR. I due palchi ‘estremi’ dell’Hellfest, uniti sotto un unico tendone da circo, che si attivavano alternativamente. Lì ho visto i miei primi due concerti, Destroyer 666 e Impaled Nazarene, e non ci ho capito nulla. Il suono, all’inizio del venerdì, era pessimo: basti dire che gli ImpNaz mi hanno suonato Motorpenis davanti, a dieci metri, e io non l’ho neanche riconosciuta. Un problema di fonico, comunque: come già detto, da un punto di vista di pulizia sonora i Death To All sono stati perfetti, e Carcass ed Enslaved più che buoni. Un innegabile vantaggio di questi due palchi è che, sotto a questo tendone, in pieno giorno è più fresco e di sera c’è un po’ di tepore.

U come ULTRAS TARANTO SENZA PADRONI. Un eroe con questa maglietta è stato visto aggirarsi all’interno dell’area del festival. Se ci leggi, hai una birra pagata dai tizi di Metal Skunk.

10428298_10152191722632536_5667815686916485243_o

V come VALLEY. Il palco stoner e affini, pure questo coperto. Era anche una specie di tappabuchi: l’anno scorso qui ci suonarono i Manilla Road (a saperlo ci sarei andato solo per loro, qua la parola ROSICATA va scritta in maiuscolo); quest’anno ci ho visto pure Phil Anselmo. Purtroppo non l’ho frequentato molto, e anche i Kylesa (uno dei miei feticci personali) non sono riuscito a vederli tutti perché dovevo prendere il posto per i Maiden. Ricapiterà.

W come WARZONE. Il palco punk/hardcore, grossomodo. Messo lontano dagli altri, defilato al limite del ghettizzato, dietro i cessi e le mangiatoie di piscio. Probabilmente il palco migliore del festival, per resa sonora e visibilità. Ci ho visto due concerti magnifici (Slapshot e Turbonegro) e uno imbarazzante dei Millencolin, che non pensavo esistessero ancora ma la cosa più incredibile è che a 40 anni ancora non hanno imparato a mettere quelle due note in croce.

X come XXX. Ho giurato e spergiurato alla mia ragazza che ai concerti metal ci sono pochissime femmine e che comunque il contesto è ANTIFIGA in generale; poi arrivano Stefano Greco e il Messicano e parlano solo di supermodelle e tizie che cercano di rimorchiarli. Io le uniche tette che abbia mai visto in vent’anni di militanza concertistica sono state quelle dei numerosissimi sosia del titolare della fumetteria dei Simpson perennemente a torso nudo che buttano litri di sudore pure a gennaio. Invece ho visto una cosa molto romantica: due fidanzatini, stravaccati per terra a notte inoltrata e completamente sbronzi, che cantavano I respect your feelings as a woman and a human degli Anal Cunt. Ho anche fatto un brindisi con loro.

Y come YOUNG AT HEART. Noi, sempre e comunque.

Z come ZOO. Certe volte là dentro sembrava davvero di stare in uno zoo. C’erano soggetti assurdi di tutti i tipi, vestiti nelle maniere più buffe e vistose, con l’apice raggiunto da un tizio ultraquarantenne che, alla fine dell’ultimo giorno, andava in giro con l’aria serissima e vestito solo di scarpe e perizoma. Il prossimo anno ci andiamo tutti vestiti da pirati anche se non vengono gli Alestorm.

10271375_10152176947572536_8961878816852767570_o

 


MAYHEM – Esoteric Warfare (Season of Mist)

$
0
0

Le settimane precedenti all’Hellfest sono state accompagnate da una profonda discussione col Messicano. Il dilemma era: durante il secondo giorno, andare a vedere gli ‘Slayer’ o i Death To All, che suonavano in contemporanea? I termini della questione vi saranno chiarissimi dato che state su Metal Skunk e non su T3ndyGirl, ma ve li ripeto lo stesso: gli ‘Slayer’ suonano senza Jeff Hanneman, morto qualche mese fa, e i Death To All sono a tutti gli effetti una cover band dei Death portata avanti da alcuni vecchi membri (Reinert, Masvidal, DiGiorgio) e qualche altro soggetto. Il Messicano non aveva dubbi: voleva vedere gli ‘Slayer’, convintissimo che quelli fossero proprio gli SLAYER, e andrà in giro dicendo che all’Hellfest ha visto gli SLAYER, che è stato tutto fichissimo e che Tom Araya spaccava da paura; diceva che Gary Holt non è l’ultimo degli stronzi, che alla fine è un buon rimpiazzo eccetera. Inoltre egli pensava che l’esistenza stessa dei Death To All fosse una vigliaccata, un modo squallido e viscido di fare soldi alle spalle di Chuck Schuldiner, e via dicendo.

Io non penso queste cose dei Death To All. Credo che anzi siano una cosa che farebbe contento Schuldiner. È morto da ormai dodici anni, a nessuno passa per l’anticamera del cervello di pubblicare un disco a nome Death, e penso che l’essenza della band sia quella di far sentire quei pezzi dal vivo, suonati da chi in fondo quei pezzi dal vivo li suonava pure con Schuldiner. Certo guadagneranno dei soldi; ma pure il papa ha uno stipendio. Tutto al contrario invece per gli ‘Slayer’, che mentre Hanneman è ancora caldo già parlano di nuovo album, di continuare ad andare avanti come nulla fosse, del fatto che in fondo con Hanneman non è che si era amici, bravissima persona per carità, ma più un collega che altro. Come se morisse Steve Harris e gli Iron Maiden continuassero ad andare avanti con Markus Grosskopf al basso. Mutatis mutandis, è più o meno il discorso fatto per gli Stratovarius, anche se lì più che di vilipendio di cadavere si trattava di circonvenzione di incapace. Mi dispiace che ad avallare una cosa del genere sia il Messicano che è uno che con gli Slayer ci è cresciuto, però a me questa sì che sembra una viscida porcata che getterà per sempre onta sul capo di chi la sta mettendo in pratica. 

Senonché, parlando dell’argomento e pensando a un paragone, mi è venuto in mente che solo i Mayhem sono riusciti a fare una porcata così GROSSA. Uno tende a dimenticarsi di tutta la faccenda della reunion del ‘95. Un po’ perché sono passati vent’anni, un po’ perché quei Mayhem sono stati consegnati alla storia come un lampo di luce confinato nel tempo e nello spazio e quindi noi pensiamo a questi altri Mayhem come a un diverso gruppo, un po’ perché quel mini Wolf’s Lair Abyss e conseguente live sarebbe stato un peccato se non fossero stati mai registrati (e questo differenzia la situazione da quella degli Slayer, che sono chiaramente un gruppo finito). Dopo quasi vent’anni da quell’accadimento, la band che va in giro portando il nome dei Mayhem è riuscita a dare un secondo colpo potenzialmente letale alla propria credibilità proprio, paradossalmente, con l’abbandono di Blasphemer, che era quello che inizialmente c’entrava meno di tutti ma che dopo la reunion si è caricato i Mayhem sulle spalle praticamente da solo. Del resto pensate ai soggetti con cui era costretto ad avere a che fare…

Insomma Blasphemer è andato ed Esoteric Warfare è il primo disco con tale Teloch alla chitarra. A sentirlo non lo diresti mai però, perché suona praticamente identico a Blasphemer; il problema è che non c’è nessuno al mondo che suona come Blasphemer, quindi Teloch lo sta imitando. Sul disco non c’è moltissimo da dire, perché il primo istinto sarebbe quello di dire VAFFANCULO e ritornare a sentire Axioma Ethica Odini. A un sacco di gente questo disco ha fatto schifo e non me la sento di biasimarli perché effettivamente non ha né capo né coda né svolgimento né tantomeno canzoni degne di essere estrapolate. Esoteric Warfare, più che un album fatto e finito, è essenzialmente un cazzeggio alcolico acido che non ti lascia niente; l’unico motivo per cui non ne sto parlando male (e non è un motivo stupido, a ben vedere) è che non è un disco banale. È inconcludente, inutile, scemo, anche grottesco; ma non banale. Per me questo è importante perché i Mayhem, per quello che hanno rappresentato, non meritano di finire nella banalità. Molte delle suddette persone a cui Esoteric Warfare ha fatto schifo avrebbero preferito un disco black metal normale, con i blastbeat al posto giusto, la produzione pompata e magari, non so, qualche ospitata di lusso qui e lì. Per quanto mi riguarda, se proprio era inevitabile che i Mayhem finissero male, preferisco questo pastrocchio abbozzato piuttosto che un tentativo di copiare i Watain di turno. Meglio fare schifo che confondersi nella massa, questo è sicuro; ma, se posso permettermi, a questo punto direi che lo scioglimento è un atto dovuto verso chi il logo MAYHEM ce lo ha tatuato sul cuore a lettere di fuoco. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


“Se ascolti Burzum sei nazista”: gli Hungry Like Rakovitz vittime dei sillogismi del nuovo millennio

$
0
0

gli Hungry Like Rakovitz mandano giustamente affanculo il collettivo femminista mangiapatate

gli Hungry Like Rakovitz mandano giustamente affanculo il collettivo mangiapatate

La vicenda risale a qualche giorno fa, ma, dato il periodo estivo, non abbiamo potuto darne notizia subitanea; però rimediamo subito: ricordate gli Hungry Like Rakovitz, di cui aveva parlato qui e qui il mai troppo compianto Nunzio Lamonaca? Gli è successa una cosa curiosa, sulla quale hanno rilasciato un comunicato che riporteremo qui in versione non integrale:

Durante il nostro ultimo tour dello scorso giugno ci è stato impedito di suonare a Berlino. Dopo mesi dalla conferma della data, il promoter ci ha contattato, dieci giorni prima della nostra partenza per il tour, per cancellare lo show, dicendo che il “collettivo” che gestisce queste date ci considera neonazisti per via della nostra cover di Burzum, “Stemmen Fra Taarnet”, compresa nello split 7” con gli O, stampato nel 2011. […]
Noi siamo una band apolitica, non promuoviamo nessun messaggio di tipo politico/religioso. Se dovessimo prendere in considerazione l’orientamento politico/religioso di ogni singolo artista molto probabilmente non ascolteremmo più musica.
Per farvi capire lo spessore etico/morale delle persone che ci hanno boicottato sappiate che oltre ad accusarci di essere neonazisti ci hanno dato dei sessisti per aver collaborato (per la coproduzione di HolymosH) con un etichetta francese di nome Show Me Your Tits, etichetta che non ha nessuna colpa se non quella di aver scelto questo moniker dal chiaro intento goliardico e non sessista.
I ragazzi del “collettivo” di Berlino hanno inoltre detto di ripudiare qualsiasi tipo di discriminazione ma, almeno nei nostri confronti, si son dimostrati discriminatori in tutto e per tutto, senza averci mai dato possibilità di spiegare la nostra posizione o di poter discutere di questa cosa.
[…]
Oltre al danno procuratoci cancellando uno degli show di punta del nostro tour per futili motivi, il “collettivo” ci ha invitato a dissociarci dal progetto musicale Burzum. In tutta risposta, visto che nemmeno conosciamo queste persone (con le quali non abbiamo mai avuto neanche il piacere di parlare), abbiamo deciso di dissociarci da loro.

Capito no? In pratica gli Hungry Like Rakovitz hanno avuto la sfortuna di incappare in una truppa di mentecatti col cervello scheggiato che, convinti di essere dei paladini in difesa della democrazia e della Verità ben custodita nelle proprie tasche, hanno di fatto censurato una band impedendole di suonare. Chiaramente gli HLR non sono nazisti né sessisti, ma questo penso sia ovvio per tutti tranne per chi abbia subito un lavaggio del cervello a forza di collettivi femministi i cui volantini hanno gli aggettivi che finiscono con l’asterisco. Tipo car* amic* e compagn*, oggi la presidenta del collettivo interverrà etc. Poi le idee politiche sono tutte meritevoli di rispetto, intendiamoci, ma i coglionazzi che abusano della libertà d’opinione non mancano mai e questa volta gli Hungry Like Rakovitz ci sono capitati incolpevolmente in bocca.

hlr

Che poi questi hanno accusato di nazismo e sessismo una band che era stata incensata da Nunzio Lamonaca, che è un po’ come accusare di machismo e omofobia il gruppo preferito di Vladimir Luxuria. Questa gentaglia meriterebbe di essere mandata collettivamente in Cina a spalare rifiuti radioattivi in una risaia infestata dalle sanguisughe, amici cari. Comprendo che in Germania abbiano una particolare sensibilità sull’argomento ma ciò non giustifica queste manifestazioni isteriche, specie quando ad andarci di mezzo sono quattro persone a cui non solo è stato impedito di suonare ma che si sono ritrovate col marchio della bestia addosso manco fossero i nazisti dell’Illinois sorpresi a infibulare le proprie mogli. Ma io spero che fra cinquant’anni ci si ricorderà di questa gente come oggi ci si ricorda della Società della Terra Piatta e che gli Hungry Like Rakovitz saranno ancora vivi, scalcianti e pronti a suonare sulle macerie dei loro sordidi circoletti di ritrovo. Sempre viva il conte Burzum. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)

kate-upton-boobs-bounce

tumblr_l08na2WVaQ1qb0eqyo1_400

pizza_surprise_its_patrick-58420

DUbC7yb


XX Agglutination @Senise (PZ), 23.08.2014

$
0
0

Sinceramente non ricordo più quanti Agglutination ho visto. Purtroppo ho cominciato tardi, con la decima edizione, ma ci sarei andato anche prima se avessi conosciuto gente disponibile ad arrampicarsi insieme a me fino a Chiaromonte. D’accordo che ci sono i pullman ma io i pullman non tanto li sopporto. Una volta che cominci però è come per le ciliegie, avete presente. Inizia a crearsi una compagnia di gente che vedi solo una volta all’anno all’Agglutination, e tendi ad andarci anche per una forma di orgoglio terrone che ormai vede il festival di Senise alla stessa stregua della pasta al forno in spiaggia e della birra Raffo da 66cl. Per quanto mi riguarda ormai è tradizione fare la macchinata salentina con Mancio e il Messicano, durissimi a morire. Il ventesimo compleanno dell’evento è riuscito a smuovere addirittura Ciccio Russo, che ogni volta giurava che sarebbe venuto l’anno successivo, e Matteo Cortesi, che così a Sud non c’era mai stato. Un saluto inoltre agli invitti Gabriele Hammerfall, Carmelo e Consalvo, oltre che al coraggiosissimo Enrico Morandi che si è preso una testata in faccia durante i Carcass, spaccandosi il sopracciglio e guadagnando così un backstage pass per il Valhalla.

Che io sappia, questa è stata la prima edizione dell’Agglutination con un’agenzia di concerti alle spalle. Non so quale sia stato il loro apporto pratico perché non è cambiato niente dall’anno scorso, nel bene e nel male. Stessi pregi, stessi difetti, stessa logistica, addirittura stesso posizionamento delle bancarelle. All’entrata ci hanno messo dei braccialetti di carta ma alla domanda quindi posso uscire e rientrare mi è stato risposto solo in caso di estrema urgenza (tipo? Un ictus?). La birra media costa 3 euro, che penso sia il prezzo più basso di tutta l’Europa occidentale; peraltro a fine serata dovevano finire i fusti e quindi te la regalavano pure. Il Messicano insiste perché io ripeta tutta la tiritera dell’anno scorso sulle cose che non funzionano, però penso sia inutile. Alla fine il fascino dell’Agglutination sta anche nella sua organizzazione rustica, il discorso del sindaco sul palco, i prezzi bassissimi da sagra parrocchiale, la compagnia dopolavoristica di anziani che arrostisce le salsicce, la televisione locale con il peperoncino nel logo (giuro) che intervista i metallari forestieri, Gerardo Cafaro che gira per la location e tutti lo ringraziano e gli fanno i complimenti come se fosse l’assessore ai Lavori pubblici di Senise, eccetera. Certo, con pochissimi accorgimenti si potrebbe fare molto di più, ma la bilancia pende sempre verso le cose positive. Magari in futuro ne parliamo direttamente al patron Gerardo Cafaro e vi facciamo sapere. 

BUFFALO GRILLZ

Stavano già suonando mentre ci approcciavamo al campo sportivo. Ho riconosciuto Forrest Grind appena fuori dal parcheggio. Purtroppo hanno finito pochi minuti dopo che siamo riusciti a entrare; è un peccato perché erano idealmente i perfetti rappresentanti dell’orgoglio terrone di cui sopra. Li ho già visti non so quante volte, ma è sempre un piacere anche per simpatia personale, diciamo. Sono stati intervistati da una televisione locale (quella con il peperoncino nel logo) e quando il giornalista gli ha detto che il grind è un genere molto sperimentale loro sono rimasti serissimi e hanno continuato a parlare di abbacchio allo scottadito.

Thranduil

preferiamo mostrarvi l’Elvenking originale per non sottoporvi alla visione del nuovo taglio di capelli di Damna

ELVENKING

La compagnia di soggetti a cui mi accompagnavo non gradisce più di tanto il power metal, a parte il prode Gabriele Hammerfall che mi ha seguito fino a sotto il palco. Erano passati anni dall’ultima volta che avevo visto gli Elvenking dal vivo, ma non li ho mai persi di vista; ricordo che recensii il debutto Heathenreel su Metal Shock mettendogli 8 e pronosticando un grande futuro per loro, e ci presi in pieno: tredici anni dopo Aydan e compagni sono più in forma che mai e, reduci dal bel Pagan Manifesto, continuano a portare in giro il loro power metal genuinamente intriso di influenze folk. La scelta dei pezzi non è il massimo, perlomeno per quanto mi riguarda, ma The Loser posta in chiusura è una bellissima sorpresa. Il pubblico pare apprezzare discretamente, anche se il genere in questione non è più di moda come quindici anni fa; a maggior ragione, gloria agli Elvenking che continuano a portare avanti più o meno lo stesso discorso di sempre.

Entombed_AD

ENTOMBED A.D.

A tutti gli effetti una cover band degli Entombed con il solo Lars Goran Petrov rimasto dalla formazione originale, oltre al bassista Nico Elgstrand che è entrato nel gruppo quando già si iniziava ad ascoltarli distrattamente. Piazzarli tra i grossi nomi del festival è un colpo basso, e immagino che in parecchi ci siano cascati con tutte le scarpe; però le canzoni ci sono, e quando partono Eyemaster, Left Hand Path o Chief Rebel Angel è impossibile non rivolgere un pensiero a Lucifero. I ragazzi si sbattono tutti, compreso Petrov che però dimostra dieci anni di più di quanti effettivamente ne abbia e perde la voce a metà concerto. Divertente e tutto, ma ora spero solo che l’anno prossimo non si presentino pure i finti Queensryche di Geoff Tate.

971135_657159874303121_362293501_n

BELPHEGOR

Io e il Cortesi eravamo un po’ stanchini, diciamo, quindi ce li siamo goduti comodamente dagli spalti. Sono lontanucci e, di conseguenza, si vede bene quanto al Delle Alpi da una curva all’altra e si sente un informe pastone di suoni, ma volevamo essere belli carichi per i Carcass. Peraltro io i Belphegor li avevo già visti l’anno scorso e in generale questa era la quarta volta che li sentivo bestemmiare dal vivo. A causa della distanza non so quantificare il numero di teste di capra e maschere antigas presenti sul palco, ma ci fidiamo. Ho peraltro avuto uno scambio di opinioni con il signor Orazio, al quale i Belphegor non piacciono perché quello non è vero black metal. E grazie al cazzo, aggiungerei, ma non credo sia quello il loro obiettivo. È sempre strano quando incontri qualcuno che condivide la tua stessa passione ma ne ha un punto di vista completamente differente.

CARCASS

All’Hellfest suonavano sotto un tendone strapieno di gente e avevo preferito perdermi metà concerto per non rischiare di collassare, sapendo che sarebbero comunque venuti all’Agglutination. Ho fatto bene perché a Senise si sentiva meglio ed eravamo tutti belli comodi. È importante almeno dire che è stato un concerto della madonna, degno erede di quello dei migliori headliner degli scorsi anni (Overkill, Cannibal Corpse, etc) e con un’acustica degna di lode. Loro sembrano crederci sul serio, e i pezzi tratti dal bel Surgical Steel non sfigurano vicino ai cavalli di battaglia. Al momento di presentare i pezzi da Swansong (in realtà la sola Keep On Rotting In The Free World) Bill Steer si scusa in anticipo, come se non fosse stata una sua idea. Ne parlerà più approfonditamente Ciccio nel suo report.

E insomma, come ogni volta ci si dà appuntamento all’anno prossimo. Quest’anno ho pure conosciuto un tipo che è venuto nonostante avesse ancora una gamba rotta dal concerto di Nik Turner del mese scorso, quindi non avete giustificazioni. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)



Un disco per l’estate: ALESTORM – Sunset On The Golden Age (Napalm)

$
0
0

Purtroppo la stagione è quasi finita, ma è importante ribadire il concetto che Sunset On The Golden Age è stato il disco di quest’estate 2014. È uscito solo il primo agosto, ma già Drink aveva fatto capire benissimo di che si stava parlando: uno dei singoli più belli degli Alestorm, un manifesto di vita e di musica, in cui addirittura si permettevano il lusso di ripercorrere la propria carriera in una strofa come ogni tanto fanno i Manowar. Drink rende chiaro perché gli Alestorm sono uno dei pochissimi gruppi attuali per cui valga la pena di versare lacrime e sangue; leggere soprattutto la prima strofa:

Piracy’s a crime and crime doesn’t pay
And we go home poor at the end of the day
But I’d rather live my life in rags
Than be taped to a desk with a wife as a hag
We live each day like there’s nothing to lose
But a man has needs and this need is booze
They say all the best things in life are free
So give all your beer and your rum to me

Che tradotto suonerebbe più o meno come “la pirateria è un crimine e il crimine non paga/ e noi torniamo a casa poveri ogni sera/ ma preferirei vivere coperto di stracci/ che rimanere incollato a una scrivania con un cesso di moglie/ Noi viviamo ogni giorno come se non ci fosse niente da perdere/ ma un uomo ha dei bisogni, e quel bisogno è l’alcol/ Dicono che le cose migliori della vita sono gratis/ allora dammi la tua birra e il tuo rum”

bowes drinking

Per capire lo spirito della cosa bisogna sempre ricordare che Christopher Bowes è un soggettone con una laurea in matematica nato nel posto più sperduto d’Europa, e che di fronte a una normale carriera da ricercatore universitario ha preferito impazzire e dedicarsi alle sue cose preferite:
1-l’alcol
2-il metallo
3-fare il cazzone
E quindi ci ha provato. O la va o la spacca, avrà detto. E ci è riuscito: ora gira il mondo perennemente ubriaco e suona stornelli da osteria vestito da pirata. Qualche migliaio di scoppiati lo adorano e lui, ne sono sicuro, adora noi. La sua laurea in matematica adesso è solo un aneddoto da raccontare quando si parla di lui, del tipo cioè ti rendi conto che sto tizio è laureato in matematica.

ti rendi conto che sto tizio ha una laurea in matematica

ti rendi conto che sto tizio è laureato in matematica

Christopher Bowes è il Peter Pan definitivo, è quello che tutti noi sognavamo di diventare da ragazzini: ed è quindi con tutto questo in mente che ci si deve approcciare agli Alestorm e a Sunset On The Golden Age in particolare, niente più che un insieme di stornelloni e canzoncine da osteria con un’atmosfera piratesca da cartone animato, le parti epiche in stile Pirati dei Caraibi e le parti festaiole come sulla nave di Capitan Uncino. Insieme a Drink (unica possibile colonna sonora dell’estate 2014) è splendida anche Magnetic North, forse la migliore del disco, un inno zumpeggiante che dal vivo farà magicamente scomparire tutto l’alcol presente nelle vicinanze; inspiegabilmente carina anche la lunga titletrack in chiusura, che alla lontanissima riecheggia un po’ i Cradle of Filth più tamarri come succedeva in Death Throes of the Terrorsquid. Tra gli stornelli più riusciti segnaliamo anche Wooden Leg!, ché dal vivo la canteremo tutti abbracciati (AGGGGHHH YOU SPANISH BASTARDS!) e la cover della truzzissima Hangover, il cui testo sembra essere stato scritto proprio da (o per) Bowes. Uno dei dischi dell’anno, ovviamente. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)

 


La notizia del giorno: TOM WARRIOR disprezza gli ELUVEITIE

$
0
0

eluveitie-call-of-the-mountains-640x240

Non faccio la presentazione ufficiale degli Eluveitie perché a quanto ho capito sono un gruppo che ormai conoscono tutti o quasi. Me ne sono reso conto all’Hellfest, perché durante il loro concerto c’era la stessa quantità di gente che c’era ai Carcass – e molta, molta di più rispetto a quanta ce ne fosse per gli Enslaved o gli Impaled Nazarene. Del resto è anche comprensibile: gli Eluveitie rappresentano perfettamente tutto ciò che piace al metallaro medio da festival: parti sparate in growl stile ultimi Dark Tranquillity; violini, fisarmoniche, cornamuse, caroselli, odalismo e rutto libero; la giusta dose di gotico pipparolo grazie all’apporto della voce femminile (specie nelle ballatone con video strategico); una produzione scintillante courtesy of Nuclear Blast. Non sono sempre stati così, ma gli ultimi due Everything Remains ed Helvetios sì: gli è andata bene, e ora rimangono su questa linea.

Non c’è molto da dire quindi se Tom Warrior, loro connazionale, si è lasciato andare su facebook al seguente commento:

tom-gabriel-fischer-eluveitie - Copia

Più o meno:
Eluveitie = il pop commerciale incontra la colonna sonora di Titanic. E premi falsi. 

Dove schlager, a quanto apprendo, è un termine tedesco per indicare quelle canzoncine stupide e infestanti che ti ritrovi ad ascoltare diffuse dalle casse del supermercato. Evidentemente però Tom deve aver ascoltato solo le ballate, e non sa che non rappresentano minimamente il gruppo in questione. Questi ormai con una faccia da schiaffi incredibile mettono inevitabilmente una ballata a disco, ma non una ballata normale: una roba celtica stracciamutande con voce femminile e i giri melodici che se poco poco li sente Gabry Ponte abbiamo la hit dell’estate prossima. Tipo Emma Marrone più Enya. Enya Marrone. Però per tutto il resto si potrebbero rubricare come, boh, death melodico? Con tutti i violini e le fisarmoniche che si vuole, però alla fine quello sono: i Dark Tranquillity del post-Haven, o al limite The Mind’s I ogni tanto. Questo ultimo Origins non fa eccezione: non muove un passo dal solco tracciato dagli ultimi due dischi, quelli a cui devono la notorietà. Però Everything Remains in fondo era carino, mentre questi ultimi due non ti lasciano niente. Questo l’ho ascoltato almeno 15 volte per cercare di farmi un’idea, e ancora adesso non ce ne ho una precisa; come avevo già detto, la loro perfezione formale e concettuale è un’arma a doppio taglio: non si può certamente dire che facciano brutta musica, ma non ti lasciano niente. Perlomeno le ballate solitamente sono carine (A Rose For Epona in particolare), qui invece neanche quello. Mi fa un po’ strano che gli Eluveitie piacciano così tanto, e non mi fece neanche bella impressione vedere tutta quella gente impazzire per loro all’Hellfest. Capisco che ci sia crisi di talenti e, come si dice a Bari, l’acqua è poca; la papera non galleggia, però dai, per la madonna. Gli Eluveitie? Sul serio? Ma sono carini come sottofondo, e sono pure carini se ti capita di vederli dal vivo, però boh. Piacciono tanto anche a Mighi Romani, non so proprio che dire.

Se però, come si può notare dai commenti al post di Tom Warrior, vi capita di prenderli troppo sul serio, e andate a incontrarli con l’intenzione di discutere di mitologia celtica e folletti del bosco, avrete un bello scontro di faccia con la realtà. Come ha mirabilmente commentato l’arguto Ciccio:

eluveitie

E insomma. Quantomeno da adesso mi stanno più simpatici. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


È uscito il nuovo singolo degli AC/DC!!!

$
0
0

È uscito il nuovo singolo degli Ac/Dc. La notizia si regge così da sola e non ci sarebbe neanche bisogno di dire nulla, però ci tenevo a comunicarvi che Ciccio mi ha passato il link, io ho premuto play senza neanche sapere che fosse il nuovo pezzo degli Ac/Dc e, nel momento stesso in cui è partito il basso, mi è venuta la pelle d’oca. Speriamo che campino altri 100 anni.

Rock or Bust esce il 1 dicembre. Sarà il primo disco della band senza Malcolm Young, il cui ritiro per motivi di salute è stato purtroppo confermato dalla famiglia.


Il metallo in tempi di austerity: HAMMERFALL – rEvolution (Nuclear Blast)

$
0
0

Scrivo questa recensione dopo essere appena stato in piedi sul letto a fare air guitar su un nuovo pezzo degli Hammerfall. La cosa è particolarmente notevole sia perché io ho 33 anni sia perché gli Hammerfall è più o meno otto anni che fanno schifo. Questa è la dimostrazione che il metallo è potente e che non bisogna mai smettere di sperare in esso, amici miei, perché esso può dare la forza necessaria ad una band ormai bollita il cui leader va in giro così:

1793118_1200_900

e quindi non importa quanto brutto e fetente tu sia, il metallo può farti rinsavire tutto di un tratto e farti capire che non hai bisogno di cambiare strada, quando sei già su quella giusta. È più o meno il testo di Resurrection di Rob Halford, mi sa. La canzone che mi ha fatto sbroccare è stata l’opener, Hector’s Hymn, una roba devastante che sarebbe potuta stare benissimo su Legacy of Kings: velocità, riffoni come cristo comanda, stop’n’go, ripartenze improvvise: praticamente un miracolo per chi ormai aspettava un nuovo disco degli Hammerfall con lo stesso entusiasmo di chi sta per compilare il modulo 730. 

Il disco si mantiene poi inaspettatamente su toni abbastanza discreti, ma senza quasi mai ritornare alle vette dell’opener.  La differenza tra questo e i due-tre precedenti è che rEvolution rimette il riff al centro della questione; o quantomeno ha riff migliori. Lo avevo detto io che da parte di Dronjak non ci voleva poi molto a scrivere un disco decente. Ci sono sempre pezzi bruttini, specie nella prima parte, tipo la titletrack o il singolo Bushido, che ha dei rimandi alla ben più gloriosa The Way Of The Warrior; inoltre la voce di Cans continua a essere sempre sé stessa, immutabile, dal 1997. Però ci sono canzoni che prendono benissimo: We Won’t Back Down, Origins e il suo meraviglioso ritornello da osteria, la conclusiva Wildfire.

Speriamo che questa sia la nuova normalità; cioè speriamo che, se questi devono comunque fare uscire un disco ogni due anni, quantomeno sia come rEvolution. Ci accontenteremo: è l’Europa che ce lo chiede, e anche Walter Mazzarri se siete interisti. Non pretendiamo un’altra epoca d’oro, ma quantomeno incontrare gli Hammerfall durante le peregrinazioni estive sarà molto più gradevole. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


FOLKSTONE, il video di ‘In Caduta Libera’

$
0
0

folkstone

Rallegratevi e giubilate, perché il 3 novembre esce Oltre… l’abisso, il quarto album dei Folkstone. Vista la penuria tragica di bei dischi usciti quest’anno, i bergamaschi potrebbero spaccare la classifica: il loro ultimo album Il Confine è una delle perle più splendenti dell’intera storia del metal italiano, svettante sul resto della scena attuale quanto basta per cacarle addosso. In attesa dell’uscita del disco intero, possiamo già ascoltarne l’opener In Caduta Libera, per la quale è stato girato il video che vedete qui sotto. Per ulteriori sbrodolamenti e superlativi assoluti si rimanda alla recensione completa fra un paio di settimane.


AC/DC, il secondo video da ‘Rock or Bust’

$
0
0

L’uscita del nuovo disco si avvicina sempre più, e così anche il momento in cui finalmente usciranno ‘ste cacchio di date del tour degli Ac/Dc con conseguente programma bellico per l’estate (il che vuol dire che, appurato che quest’anno non andranno all’Hellfest, bisogna organizzarsi per andarli a beccare nel primo posto raggiungibile anche a costo di dormire per terra). Anche perché questo sarà molto probabilmente l’ultimo tour: la band ha iniziato a perdere pezzi, e già in questo video non compaiono né MalcolmPhil Rudd, sostituiti rispettivamente da Stevie Young (nipote dei fratellini Young) e Bob Richards, già con Asia e Adrian Smith. Peraltro pare che Brian Johnson, al momento di girare il video, abbia giustificato l’assenza di Rudd come ‘emergenza familiare’.

Rock or Bust è la titletrack del nuovo album, e suona esattamente come dovrebbe suonare la titletrack del nuovo album degli Ac/Dc. Non ero impazzito per il precedente Black Ice (forse l’unico disco dell’intera carriera degli australiani che non mi viene più voglia di sentire); e non mi era piaciuto soprattutto per una questione di produzione; qui il produttore è sempre Brendan O’Brien, ma da queste due anticipazioni il suono sembra leggermente diverso. Ci sono rimasti solo tre giorni da aspettare, perché il 28 novembre Rock or Bust sarà fuori: ci vediamo tutti davanti al negozio di dischi come ai vecchi tempi. 


FOLKSTONE – Oltre… l’abisso (FolkStone prod.)

$
0
0

Questo è il quarto album dei Folkstone, se escludiamo quello acustico, e perlomeno da queste parti era aspettato con un’ansia spasmodica che ormai riserviamo quasi solo agli Alestorm o giù di lì (per altri gruppi il sentimento prevalente è la paura, con conseguenze tipo la notte insonne prima dell’uscita del penultimo Agalloch); un’ansia che in questo caso era dovuta a molteplici fattori, tipo il fatto che il precedente Il Confine fosse un capolavoro maturo e compiuto che si beveva tranquillamente la stragrande maggioranza della scena più in voga in quel momento, quella folk. Per arrivare a parlare di Oltre… l’abisso, bisogna considerare che i Folkstone arrivano da un percorso piuttosto lineare e, nel bene e nel male, l’ultimo album ne è la logica prosecuzione. L’omonimo, nel 2008, era solo un disco folk metal nettamente superiore alla media, con due-tre pezzi entrati di diritto nelle colonne sonore delle scampagnate domenicali in montagna con barbecue e cannoni nello zainetto; per inciso, la sola Alza Il Corno vale parecchie discografie di gruppi più blasonati di loro. Il secondo, Damnati ad Metalla, era una dimostrazione di sensibilità musicale rarissima ed elevava quanto c’era di buono nel precedente a vette di lirismo che, in una scena sempre più arida i cui nuovi portabandiera paiono essere niente meno che gli Eluveitie, sembrava riportare alla magia pastorale dei primi In Extremo. Quelle atmosfere rarefatte sono poi state sublimate nell’acustico Sgangogatt e poi in pratica eliminate nel successivo Il Confine, probabilmente il loro migliore, che però vedeva una composizione più quadrata, classica e, in generale, metallara. Il Confine è un capolavoro, come detto sopra, ma l’aver iniziato a perdere per strada quella vecchia magia era insieme un gran peccato e un rischio. Il rischio era appunto quello di trovarsi Oltre… l’abisso come quarto disco dei Folkstone; che non è un brutto album, e magari finisce anche in playlist a fine anno, ma è come se fosse il frutto di un altro gruppo rispetto a quello che sapeva comporre delle atmosfere così vere, così vive, che ti faceva sentire davvero orgoglioso che in Italia ci fosse un gruppo così. Ora c’è un gruppo più rodato, con maggiore aderenza alla forma-canzone, di sicuro meno personale e indispensabile; sempre meglio degli Eluveitie, per carità, ma niente che possa riuscire a commuovermi come prima. Prima i Folkstone suonavano come nessuno; adesso in certi momenti sembrano i Modena City Ramblers, in altri i Nomadi, in altri ancora, per fortuna, i Folkstone de Il Confine. Ad esempio: Mercanti Anonimi ha una melodia molto bella, e anche la voce di Roberta è molto bella, però l’arrangiamento mi sembra dozzinale, fatto in due minuti con la mano destra legata dietro la schiena, e davvero pare una cosa uscita fuori dal concertone del primo maggio. Nella mia fossa, per fare un altro esempio, non è frutto di un’evoluzione, ma di una involuzione; persino le canzoni più dirette e semplici del disco precedente, come Non Sarò Mai, erano molto più curate negli arrangiamenti e nella struttura; qui invece spesso sembra che, una volta trovata la melodia giusta, tutto il resto vada in secondo piano, e in qualche modo le cornamuse ce le infiliamo comunque. Ovviamente il disco non è tutto così: confermo tutte le belle parole spese per il singolo In Caduta Libera, che però rimane il picco dell’album. In generale i pezzi migliori sono quelli iniziali, soprattutto Prua Contro Il Nulla, Le Voci Della Sera e Respiro Avido. Non mi è piaciuta neanche la cover di Tex, e d’accordo che il giudizio è parziale perché Tex è la mia canzone preferita dei Litfiba, però anche qui mi sembra che sia stata arrangiata in cinque minuti, esattamente come la arrangerebbe un qualsiasi gruppo svogliato e alle prime armi. Mi dispiace enormemente dovermi esprimere così perché penso che i Folkstone siano la cosa migliore uscita da tutta l’Italia da non so quanto tempo a questa parte, e perché io davvero dopo aver consumato Il Confine avrei voluto non dico qualcosa a quel livello, ma quantomeno un disco in cui riconoscere quello stesso gruppo. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)



FOLKSTONE // NANOWAR @Orion, Ciampino 28.11.2014

$
0
0

Adoro i Folkstone, ma non ero mai riuscito a vederli dal vivo. Questo a molti potrà sembrare improbabile, ma li ho sempre persi per una serie di sfortunate contingenze spesso speculari, tipo trovarmi a centinaia di chilometri dal concerto oppure rimanere bloccato fuori dall’Agglutination nell’esatto momento in cui suonavano lì a 50 metri. Sono pure andato all’unica edizione del Fosch Fest, organizzato anche dai Folkstone, in cui i Folkstone non hanno suonato. È un mondo difficile. La mia fiducia nelle capacità salvifiche del metallo zumpettone dei bergamaschi è tale da convincere anche la mia ragazza ad accompagnarmi al concerto, lei che prima di stare con me pensava che i metallari fossero una specie mitologica dedita al rogo di macchine parcheggiate in periferia e al sacrificio rituale di animali da cortile. Alla fine le è piaciuto però, ed è piaciuto anche al fiero Enrico Mantovano, che abbiamo preso a scrivere qui su MS perché ci mancava uno scribacchino con la barba lunga. La barba lungà dà credibilità.

Arriviamo all’Orion in tempo per vedere suonare i Nanowar, che a Roma godono di un seguito aumentato a dismisura con gli anni. Il suono è confusionario e non si capisce molto bene cosa stiano dicendo, ma è tutto molto divertente e la gente reagisce benissimo lo stesso. Per certi versi il loro successo nella Capitale ricorda quello dei Prophilax negli anni novanta, e l’Orion è strapieno come raramente l’avevo visto. Io dei Nanowar ricordo con affetto la commovente Poser di millemila anni fa; li ho persi di vista più o meno da quando hanno cominciato a fare sul serio, e può darsi che mi sia perso qualcosa.

Tutto molto divertente quindi, ma quando salgono i Folkstone cominciano a gonfiarsi gli occhi. Li apprezzo dal debutto e li inseguo in giro per lo Stivale da anni, e finalmente sono sotto al loro palco. I primi pezzi sono quasi tutti tratti dall’ultimo disco, che ci è piaciuto un po’ meno degli altri, ma quando parte Frerì l’esaltazione è a mille. I vecchi inni da battaglia ci sono tutti: Briganti di Montagna, Folkstone, Anime Dannate, tutte urlate a squarciagola come disperati, come se fossimo davvero degli antichi viandanti montanari con le cornamuse. Alza il Corno è la canzone con cui li scoprii, e guardandomi intorno vedo molte facce commosse come la mia. 

Dopo Luna, la ballata in dialetto bergamasco de Il Confine, Lore fa una tirata contro la Lega Nord. La varietà dei dialetti italiani dovrebbe unire, non dividere, dice. È giusto, ovviamente, ma mi fa sorridere che loro siano costretti a fare queste banali precisazioni perché c’è sempre qualcuno che dice che, siccome a volte i Folkstone cantano in bergamasco e nei vecchi dischi parlano dei longobardi, sono leghisti; del resto fino a quel momento se uno pensava a longobardi e folklore celtico pensava al raduno di Pontida. In questo senso c’è un pregiudizio generalizzato veso Bergamo, effettivamente, e l’entusiasmo di questa sera all’Orion, nelle estreme borgate romane, è tale che forse neanche loro ci speravano. Quindi la buttano lì, giusto in caso qualcuno dopo Simone Pianetti non avesse ancora capito bene da che parte tira il vento. Ma, anche fossero sostenitori del Brillante Compagno Kim Jong-un, come potresti voler male a gente del genere?

Hanno suonato non so quanto precisamente, ho perso il senso del tempo, ma almeno due ore. La loro serrata attività live li ha trasformati in una vera macchina da guerra; dai filmati live che avevo visto mi sono sembrati molto migliorati, e l’impavido Enrico Mantovano, che li vedeva per la terza volta, conferma: la voce di Lore non ha mai reso così bene dal vivo, per tutta la durata dello show. Anche i nuovi pezzi hanno un’altra marcia: sarà il loro entusiasmo, sarà il nostro entusiasmo, sarà il fatto che essendo strutturati sul ritornello sono fatti apposta per essere suonati dal vivo, ma Prua Contro Il Nulla e Mercanti Anonimi creano il delirio, nonostante siano fuori da neanche un mese. Il concerto ci lascia così estasiati che loro se ne accorgono e fanno un altro bis, l’ennesimo, prolungando l’esperienza fino a due ore, che passano come fossero cinque minuti. L’ultimo disco non sarà all’altezza dei precedenti, ma con una passione del genere potrebbero metterci un attimo a ritornare in carreggiata. Chi non li ha mai visti farebbe bene a colmare questa lacuna; in ogni caso speriamo di vederci tutti al Fosch Fest l’anno prossimo. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


blog di donne belle #10

$
0
0

BENTORNATI su blog di donne belle, la rubrica in cui si esplora il lato più torbido dell’animo umano attraverso le chiavi di ricerca con cui ignoti internauti sono capitati su Metal Skunk. Il meccanismo è sempre quello: grazie a una funzionalità di wordpress noi scopriamo che gente è andata su google digitando, non so,

tutte le troie del cast centovetrine

e poi è finita qui su MS. Capito, no? Dovete sempre immaginarvi un tizio che la sera torna a casa, si mette in ciabatte, va al computer e cerca

dottoresse ciccione

e per qualche motivo clicca su un link di qualche articolo di Stefano Greco o che so io. Il grado di nonsense delle chiavi di ricerca è spesso inquietante, e da quando curo questa rubrica ho perso qualsiasi residuo di speranza che riponevo nella specie umana. Cosa esattamente potrebbe spingere mai qualcuno a cercare su google

frank sinatra la minchia

Me lo spiegate voi? Certo, spulciando tra tutte queste sfumature di grottesco a volte si trovano intuizioni geniali che avresti voluto avere tu, tipo:

dove si buttono i vaporizzatori usati

Non ci avevo mai pensato. TUTTI ALLA DISCARICA DI VAPORIZZATORI!

pannella regala fumo

Sei in ritardo di una ventina d’anni, compare. Capisco che in tempi di crisi ci si attacca a qualsiasi speranza, ma ho paura che anche questa volta dovrai rivolgerti al solito maghrebino dei giardinetti.

immagine di Pannella Neofolk

immagine di Pannella Neofolk

imola entrare al concerto senza biglietto

Il concerto degli Ac/Dc sarà un bel casino, già lo so. Io sono riuscito a recuperare un biglietto, ma penso di essere l’unico qua dentro; tutti gli altri saranno condannati ad avere a che fare coi bagarini per riuscire a entrare, a meno che non vi mettiate d’accordo per scavalcate tutti insieme, magari lasciando Ciccio Russo come esca umana per la security mentre gli altri scappano avanti fortissimo.

as/ds malcom yang gitarista

Ecco, se vi aggregate a quest’altro genio del male sono sicuro che riuscirete a entrare fin dentro ai camerini senza farvi vedere. 

compro una scimmia vera a 1 euro

Certo, come no. Con un euro viene proprio il ministro dell’Ambiente a portartela a casa. Ma che ci vuoi fare esattamente? Vestirla, imboccarla e trattarla come un essere umano, aspettando il momento che ti mangerà la faccia come di solito succede a chi si prende una scimmia in casa? Ora non c’entra niente, ma ogni volta che penso alle scimmie mi viene in mente questo film:

metal shock armi da fuoco

Il miglior slogan possibile.

perchè nicolas cage muore negli ultimi film??

Si sta allenando. Sappiamo tutti che è immortale, ma a un certo punto dovrà pure far finta di morire per non farsi scoprire, no?

le meglio zoccole di anzio

Di solito finiscono in pasto ai cani di Matteo Ferri. Lui ha tre bestie gigantesche nel giardino di casa e che ci vuoi fare, qualcosa dovranno pur mangiare. Dei tre (un rottweiler, un pastore tedesco e un maremmano) pare che il maremmano sia proprio stronzo. “Oh Mattè, ma è tranquillo il maremmano?”. “Beh insomma. Però se entri con me e gli offri un biscotto, e rimani vicino a me tutto il tempo, è tranquillo”. Il che è il principale motivo per cui non siamo ancora piombati nel suo giardino armati di barbecue e con Cesare Carrozzi tenuto a insalatine per tre giorni al fine di fargli cucinare le salsicce con maggior cattiveria. A pensarci è un gran peccato perché, visto che Matteo tiene tutte quelle signorine appese sui ganci di macellaio giù in cantina, potevamo risparmiare sugli hamburger.

Stallone nel momento in cui decide di prendere Carrozzi per il prossimo Expendables

Stallone riflette se prendere Carrozzi per il prossimo Expendables

conoscete persone che si sono rincoglionite con la droga?

Non so di cosa stai parlando.

schelotto metallaro

No guarda, probabilmente non ha neanche questa giustificazione. Chiunque voi siate, ovunque vi troviate, vi auguro con tutto il cuore di non dovervi trovare con Ezechiele Schelotto a incespicare sulla fascia destra della vostra squadra del cuore.

mille petrozza uomo intelligente e sensibile

Si narra che una volta Mille Petrozza, mentre suonava in Germania, vide dei naziskin tra il pubblico, si scaraventò giù dal palco e gli si avventò contro dall’alto del suo metro e venticinque. Che va bene la pasta di grano duro, va bene l’alta moda, va bene la Ferrari, ma il made in Italy che più siamo fieri di esportare è LA CAZZIMMA.

cosa fuma phil rudd?

In questo periodo riceve talmente tante ingiunzioni dal tribunale che può fumarsi quelle. Comunque fai poco lo spiritoso che lui deve fumare per contratto, ha presentato regolare certificato medico.

persone che regalano soldi

Tu sei il cugino di quello della discarica di vaporizzatori, no? Soldi purtroppo non ne regala nessuno, però se proprio sei disperato puoi provare a citofonare a Pannella insieme a quell’altro di prima.

ma un posto per metallari in sicilia??

Siracusa a Capodanno. Devi sapere che Ciccio Russo e Matteo Ferri si sono fidanzati con due siracusane, e quindi sono andati lì a festeggiare l’anno nuovo, brindando all’amore, agli Inchiuvatu e agli arancini col ragù. Matteo Ferri si è organizzato dirottando un’intero pullman di anziani diretti a San Giovanni Rotondo, così che i suoi cani avessero di che mangiare mentre lui è fuori per le feste.

iced earth hanno fatto solo cover

Di sé stessi, sì. Peraltro ho scoperto con gioia che non sono l’unico a essere fissato col fatto che Jon Schaffer abbia costruito la propria fortuna su QUEL riff:

Ovviamente la sua fortuna deriva anche dal fatto che emette tuoni e fulmini dal culo, eh. E anche dal fatto che ha i presidenti tatuati sul braccio. Però principalmente per QUEL riff.

la troia del clima

Visto che ora va tantissimo infervorarsi per qualsiasi cosa, propongo la prossima minoranza discriminata da difendere: le tipe che presentano il meteo. Nel caso la cosa funzionasse, direi di andare in anticipo sui tempi e inventarsi un nome specifico per questo tipo di discriminazione: tipameteofobia? Meteotipofobia? Meteorismo?

funghetto allucinogeno “cambiato la vita”

D’accordo, ve la racconto. Uno scribacchino di Metal Skunk, la cui identità non verrà qui rivelata per non rovinare quel poco di dignità che gli è rimasta, quando aveva 18 anni andò ad Amsterdam coi suoi amichetti. A quei tempi, circa quindici anni fa, erano ancora in vendita i funghetti allucinogeni, e lui chiaramente non si volle tirare indietro per tutti e tre i giorni di permanenza oranje. Questa persona , pur avendo girato tutta la città in lungo in largo da bravo turista, è come se ad Amsterdam non ci fosse mai andata: non si ricorda neanche l’esistenza della Damrak, o un canale che sia uno. Eppure la Damrak l’ha vista: l’ha percorsa tutta in bicicletta, è arrivato fino alla fine, e invece di girare a destra come tutti i suoi amici ha proseguito velocissimo dritto fino a schiantarsi su un banchetto del mercato dei tulipani e finire disteso, tipo un sequel de La Pallottola Spuntata.

Purtroppo non si ricorda neanche il momento che (come i suoi amici gli racconteranno successivamente) è stato l’apice assoluto del viaggio. Museo di van Gogh: il nostro simpatico amico è davanti al Campo di grano con volo di corvi, lì fermo, e lo ammira. Tutta la vita ha sognato di poterlo vedere, van Gogh gli piace molto, e ora è lì, davanti a uno dei suoi quadri preferiti. Purtroppo però è fatto come una pigna, quindi oltre al quadro vede i mostri, i folletti e il conte Burzum che balla la macarena. Guarda il campo di grano, e il grano oscilla al vento. I corvi svolazzano sul campo, e lui è lì, placido, che guarda la scena col suo sorriso da fattone. A un certo punto vede i corvi uscire dal quadro e avventarglisi contro. Lui inizia a gridare, poi a scappare, e si fa tutto il museo di van Gogh di corsa, gridando, e guardandosi continuamente alle spalle, sempre gridando, perché vedeva i corvi dietro che continuavano a rincorrerlo. Ora però astraetevi da questo pensiero; e immaginate un tranquillo signore olandese di mezza età che sta lì a guardarsi un autoritratto di van Gogh immerso in un piacevole silenzio, e a un certo punto sente un urlo in lontananza che si fa sempre più forte, e poi vede il nostro eroe che corre a perdifiato, gridando e guardandosi indietro, con la faccia stravolta dal terrore, e poi si allontana velocemente insieme al suo urlo terrorizzato che si fa via via più fievole, tipo effetto Doppler. E il diretto interessato non si ricorda nulla di tutto ciò. Questa è la gente cara ad Odino, fratelli del vero metal. Questa è la gente a cui viene giustamente permesso di scrivere su internet così che bimbi e adolescenti vengano traviati e pervertiti al demonio. In teoria questo discorso dovrebbe chiudersi con un bestemmione esortativo ma su wordpress non si può, mannaggia.

Vincent_van_Gogh_(1853-1890)_-_Wheat_Field_with_Crows_(1890)

Ricordate Alissa White-Gluz, no? Ne abbiamo parlato, ehm, tantissime volte, ma forse in maniera più approfondita qui: lei è la cantante metal più amata dagli utilizzatori di Topexan, e da quando abbiamo pubblicato qualche articolo  per attirare i gonzi nella nostra rete, qui arriva gente che digita

alissa white-gluz desnuda
alissa white-gluz sextape
sexy alissa gluz
alyssa white gluz sodomy
alissa white-gluz boobs
the agonist alissa white-gluz nuda porno

eccetera. Ma la nostra beniamina del falso metallo suscita anche profonde riflessioni di simbologia linguistica:

perché si chiama alissa-white gluz

Se una rosa non si chiamasse rosa, eccetera. Dato che oggi sono buono rispondo seriamente: non credo che sia un nome d’arte, altrimenti avrebbe evitato di chiamarsi come il verso del tacchino; in quel caso si sarebbe chiamata direttamente Alissa White-Boobs così da renderci il lavoro più semplice. Però, nel caso volesse scegliersi un nome d’arte, potrebbe seguire il consiglio dell’anonimo internauta che è finito qua sopra cercando

alissa white nipple

E, a meno che non stesse cercando una pornostar di nome Alissa con la caratteristica di avere i capezzoli bianchi, direi che ha vinto lui. Come primo premio vince una nuova foto di Alissa White-Gluz, affinché nuovi rattusi arrivino qui per rendere l’anima al Demonio e finire infine sul prossimo blog di donne belle.

alissa white-gluz boobs alissa white-gluz tease alissa white-gluz sex alissa white-gluz xxx alissa white-gluz toys alissa white-gluz deepthroat alissa white-gluz anal alissa white-gluz hitachi alissa white-gluz bsm

video porno donna col cambio delle marce nel culo

Ammetterai che nel traffico dev’essere una vera seccatura.

dolcis in culo

Sì. Direi che è giunto anche questa volta il momento di partire di slancio con la consueta carrellata di sporcaccioni che, chissà, sono diventati assidui lettori di Metal Skunk dopo aver digitato le seguenti chiavi di ricerca:

video porno gratis che urinano quando godono
benne con il cazzo bizarre
sesso e pippe sul treno pubblico (sembra il titolo di un film di Nando Cicero)
giochi di un video di donne nude con la figa di fuori le tette
fare sempre chiavate di femmine bone (se l’avesse sentita Cat Stevens sarebbe diventato un verso di Father And Son)
siti porno estremo cacca e merda 
belle donne con le pupe grose
donne che sborrano mentre mangiano merda (sicuro di stare bene, amico?)
filmati di donne nude che massaggiano il cazzo al maschio
foto buttane senza niente a dosso
come scopano le donne pelose di casa (se sono molto pelose gli conviene usare direttamente l’aspirapolvere)
donne rumene che trombano con uomini nani
negro che sborra caldamente
vidioporn donne da 50 mi scopa un racazzo (Gegia, sei tu?)
porno donne con il naso da porco
montain bike dalle ruote grosse fighe sborrate

e31

porno di persone di catania che potrei conoscere (magari c’è un’applicazione di facebook per cercare tra i propri contatti)
ragazze puttane alcolizzate fanno sesso
quindicenne scopa la nonna con forza
femmine che la loro fica la danno a tutti video gratis (potrebbe metterla Youporn come sottotitolo del sito)
sexi blogger mogli col culo di fuori
teschio di donne nude (premio Monty Python 2015)
magre ma col culone immaggini
video porno con ano che butta fuori palline (io ci metterei pure un canestro per rendere la cosa più divertente)
video gratis di belle ragazze che pisciano x cellulari
nel porno italiano donne fottono con animali non umani (gli animali umani non ci attizzano)
video porno con donne che hanno il cazzo e scopano altre donne
troie trombano i masculi siciliani
trombare romina sulla panchina

E il vincitore assoluto:

quanto può essere lungo uno yeeeee di ozzy osbourne

Al momento attuale massimo 5 secondi prima che arrivino gli omini col defibrillatore. Buon anno a tutti voi, amici cari. Qui le puntate precedenti.

alissa white-gluz threesome alissa white-gluz blowjob alissa white-gluz teen alissa white-gluz milf alissa white-gluz gmilf alissa white-gluz nilf alissa white-gluz lolita alissa white-gluz youporn alissa white-gluz youjizz alissa white-gluz free download naked gallery alissa white-gluz bikini alissa white-gluz perizoma alissa white-gluz panties alissa white-gluz bra alissa white-gluz bra&panties alissa white-gluz marco materazzi alissa white-gluz kim kardashian alissa white-gluz justin bieber sucks giant rhino cocks alissa white-gluz pees in public alissa white-gluz hair alissa white-gluz dick alissa white-gluz cock alissa white-gluz nunzio lamonaca alissa white-gluz doggy alissa white-gluz bondage alissa white-gluz gangbang alissa white-gluz gang bang alissa white-gluz solo alissa white-gluz alissa white-gluz

“Carrozzi ce l’ha piccolo così. Gliel’ho visto, lo giuro, è così.”

 


Metallo con patate al forno: il nuovo singolo degli ORDEN OGAN

$
0
0
ordinaria amministrazione durante un normale concerto degli Orden Ogan

ordinaria amministrazione durante un normale concerto degli Orden Ogan

È uscito proprio ieri Ravenhead, il nuovo album degli Orden Ogan, il cui disco precedente è stato recensito qui. Il singolo estratto è F.E.V.E.R., che non sposta di un millimetro il tiro dal suddetto To The End, power metal tetesco roccioso e melodico che ha molto a che spartire coi Blind Guardian di Imaginations From The Other Side. La canzone gli è uscita benissimo, tanto che se qualcuno volesse sapere, molto genericamente, “come suonano gli Orden Ogan”, gli basterebbe semplicemente ascoltarla senza bisogno di troppi ulteriori commenti. Rimandiamo tutto alla recensione del disco, voi intanto premete play e buon appetito. 


Chiamata alle armi: MANOWAR @St.Jakobshalle, Basilea (CH) 18.01.2015

$
0
0

I trent’anni sono un giro di boa per tutti. Lo so che ve lo dicono da sempre, ma volevo confermare il concetto: è così. Vedi intorno a te gente che cambia per il lavoro, cambia per le femmine, cambia per le circostanze, cambia perché – ed è la cosa più grave – è convinta che a trent’anni si DEBBA cambiare, per qualche regola non scritta ma ugualmente cogente la cui non osservanza comporterebbe la perdita della propria virilità o che so io. “Non siamo più ragazzini, dai. Fai la persona seria. Abbiamo trent’anni”, e stacce. Anche noi che, come già detto, abbiamo il metallo, non siamo immuni a questa cosa. Gente che prima accendeva lo stereo in macchina anche solo per raddrizzare la macchina nel parcheggio adesso magari non si fa un concerto manco se glielo mettono gratis sotto casa. Per questo è importante ricordarsi costantemente chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare a parare. Una trasferta per un concerto dei Manowar a trenta (e passa) anni assume quindi un valore simbolico che va molto al di là della usuale sfacchinata rock’n’roll che ti fa sentire a posto con te stesso e ti fa guadagnare punti-Valhalla. A un concerto dei Manowar ci si conta; ci si guarda dentro, sperando di trovare le conferme che ti servono per capire che tu sei sempre tu, e che sei diventato quello che a sedici anni speravi di diventare.

Farei concidere idealmente l’inizio dell’esperienza alla sera del giorno prima, che sarebbe dovuto essere il gran giorno della calata romana degli At The Gates ma che, dopo la cancellazione dell’evento, si è trasformata in una cena tra me, Ciccio e Charles a base di una pasta con polpette, mezzo chilo di ‘nduja e caciocavallo beneventano che ci ha fatto incamerare aria sufficiente per scoreggiare tutta la durata del viaggio. È un mondo difficile. A quel punto, anche se avremmo potuto tranquillamente arrivare a Basilea coi nostri jetpack rettali, abbiamo preferito usare il biglietto Ryanair perché era peccato buttare i soldi. Però atterriamo con quasi un’ora di ritardo e, tra una cosa e l’altra, iniziamo a temere di fare tardi perché il concerto comincia alle SETTE DI POMERIGGIO. Capisco che nella Mitteleuropa la gente tende a non fare un cazzo dopo il tramonto però un concerto alle SETTE DI POMERIGGIO è la cosa meno rock’n’roll che mi sia capitata di esperire. Noi arriviamo puntualissimi, proprio in tempo di sentire l’attacco di Manowar mentre mettiamo piede nel palazzetto; che è bellissimo: enorme, con gli spalti, spazi larghissimi, ottima acustica e tre supermegaschermi HD come non ne avevo mai visti. Ci sono migliaia di persone, ma come era prevedibile riusciamo ad arrivare tra le prime file in cinque minuti, sempre sventolando la bandiera che vedete raffigurata su. Le scritte sono state fatte da Ciccio quella mattina stessa, quindi le sbavature che vedete sono frutto della concitazione e del fatto che, non avendo pennelli a punta grossa, per riempire i bordi ha preferito versare mezzo litro di inchiostro di china. Avete una minima idea di che puzza faccia l’inchiostro di china? Io avevo quella cosa nello zaino e all’aeroporto avevo il terrore che la Digos mi sparasse addosso. Al concerto copriva addirittura la potentissima puzza di metallaroTM e ha creato un cerchio di panico attorno a noi. In questo, quanta parte abbia avuto la nduja del giorno prima non è esattamente quantificabile. Però sia Eric Adams che Joey DeMaio ci hanno più volte indicati, quindi ne è valsa la pena. 

20150118_192345 - Copia

Sul concerto in sé non saprei esattamente che dire. La scaletta la vedete più sotto: essendo un tour del venticinquennale di Kings Of Metal hanno suonato tutto Kings Of Metal, tranne Pleasure Slave. Qualche cavallo di battaglia, la titletrack dell’ultimo e, chissà perché, Dawn Of Battle. Hanno fatto solo un assolo di basso, ma in compenso hanno attaccato sul megaschermo tutta Warrior’s Prayer, purtroppo l’ultima versione, e ce l’hanno fatta declamare mentre loro riposavano l’equivalente del tempo di un assolo di chitarra o di batteria. Hanno suonato impeccabili come sempre e sembrava anche che si divertissero. La gente era tutta contenta, cantava, alzava il segno del martello con gli occhi lucidi. Un tizio mi ha dato la sua birra senza nessun motivo. E poi è finito tutto. È sembrato durare cinque minuti, e invece sono state due ore pienissime; a parte la mancanza degli interminabili assoli di batteria e chitarra, non c’è stato neanche il discorso di venti minuti di Joey. Mi è venuto il dubbio che, di questi tempi, lui abbia il timore di essere contestato per machismo, sessimo, maschilismo, interismo eccetera, quindi magari preferisca evitare piuttosto che edulcorare il vecchio repertorio di discorsi motivazionali. Ma mi auguro che non sia così e che il nostro condottiero avesse semplicemente il mal di gola. L’unico vero appunto che mi sento di fare è la scelta di usare le nuove versioni di Warrior’s Prayer e Blood of the Kings; la prima non si può semplicemente sentire, è un colpo bassissimo ed equivale a un remake di Taxi Driver fatto dal De Niro di adesso; la seconda la percepisco come un’ingiustizia. Insomma, noi nel 1988 c’eravamo; troppo comodo per Estonia, Israele, Giappone e Papuasia arrivare coll’ultimo treno ed entrare nella canzone; ma si ricordino le suddette nazioni che al segreto dell’acciaio non si arriva tramite scorciatoie.

Il concerto finisce alle nove di sera e si sa che dopo ogni battaglia il guerriero ha fame. Quindi prendiamo un taxi e gli diciamo di recapitarci prestissimo in centro vicino a qualche posto che venda cibo. Il tassista ci parla per tutto il tempo in tedesco, noi rispondiamo in inglese, quello continua in tedesco, e così via. Eravamo troppo stanchi, affamati e felici per rispondergli nei nostri rispettivi dialetti, che sarebbe stata la cosa che avremmo fatto in situazioni normali. Arrivati in centro notiamo che è tutto chiuso, non c’è nessuno per strada e le uniche serrande aperte sono quelle di MacDonald, Subway e kebabbari. Insomma non c’è un cazzo in giro. Alle nove e mezza di domenica sera Basilea è MORTA. Fermiamo un ragazzo e gli chiediamo dove possiamo mangiare qualcosa di commestibile. “Eh non so, a quest’ora… poi di domenica…”. Ci consiglia di spostarci verso il quartiere malfamato (me lo immagino, il pericolosissimo quartiere malfamato di Basilea) che magari qualcosa troviamo. Continuiamo a camminare su queste strade pulitissime e VUOTE come in Italia si saranno viste l’ultima volta forse solo durante la finale dei Mondiali 2006. A un certo punto troviamo tre pub: uno sta proprio chiudendo, gli altri due no, ma la cucina è comunque chiusa da un pezzo. Ci infiliamo in uno di questi, particolarmente squallido, ci mangiamo un misero piccolo panino al salame a testa, che era l’unica cosa che era rimasta, e per farci passare la fame capiamo che non c’è altro che alcol. Quindi cominciamo a bere. Conosciamo tre fratelli del vero metal italofoni, e parliamo di metallo finché io non collasso sul tavolo. Avrò dormito almeno un’ora così, tipo la fine del testo di Un’Altra Volta Ancora dei Folkstone. Mentre io sto troppo male per rendermi conto di come mi chiamo, i nostri eroi fanno la conoscenza di un losco puzzone svizzero che li introdurrà alla gioia del tabacco da fiuto, una roba che si tira su per il naso come si usava fare nella Louisiana del 1800. Charles completerà la serata con una fetida fonduta di formaggio trovata nel distributore automatico dell’albergo, e l’unica cosa che questa specie di alimento provocherà in lui sarà la facile vittoria del Premio Scoreggione di gennaio 2015; e fidatevi che la concorrenza era aspra e dotata di bandiera puzzolente nello zaino. Il giorno dopo andiamo all’aeroporto di Basilea e facciamo colazione sotto un’enorme struttura artistica (?) fatta di pezzi di metallo riciclati e teste di caproni impagliati. È così, lo giuro. Potete averne la conferma qui sotto, scattata in uno dei rari momenti in cui Charles non stava starnutendo pezzi di tabacco dal naso. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)

gli innamorati capitano sempre sotto al vischio, noi sotto alle teste di caprone impagliate

 

Tracklist:

Manowar
Call To Arms
Kill With Power
Sign Of The Hammer
Lord Of Steel
Dawn Of Battle
The Warrior’s Prayer
Blood Of The Kings
Kingdom Come
Heart Of Steel
Bass solo
Wheels Of Fire
Hail And Kill
Warriors Of The World
Kings Of Metal
Black Wind, Fire And Steel
The Crown And The Ring


ORDEN OGAN – Ravenhead (AFM)

$
0
0

orden ogan ravenhead coverScoprii gli Orden Ogan perché in un pezzo ci suonava Thomen Stauch (ex Blind Guardian), ci sono rimasto sotto grazie a un paio di pezzi della madonna su Easton Hope (precisamente We Are Pirates e The Black Heart) e poi, col successivo album To The End – e relativo tour, i tedeschi sono diventati per me uno dei punti fermi del power metal degli anni ’10. Contemporaneamente molti sembrano aver compiuto grossomodo il mio stesso percorso, e così questo Ravenhead esce sul mercato accompagnato da una discreta attesa di pubblico.

Del singolo F.E.V.E.R. avevamo già parlato come di un tipico pezzo degli Orden Ogan, senza scossoni o novità di sorta; il disco intero segue quella stessa logica, non scostandosi di un millimetro dalle coordinate dei precedenti. Trattasi di purissimo power metal tedesco con le radici saldamente innestate nei gruppi usciti fuori dall’esplosione power di fine anni novanta, laddove questi ultimi gruppi traevano la loro ispirazione, al contrario, nell’heavy/speed/power di fine anni ottanta. La caratteristica principale degli Orden Ogan è quindi il contrasto tra la spiccatissima vena melodica e l’aggressività delle parti ritmiche; una specie di Imaginations From The Other Side ancora più melodico e forse più roccioso: prendete con le molle il paragone, che però non si ferma alla copertina di Andreas Marschall ma è ispirato soprattutto dal senso di melanconia e dall’atmosfera oscura che pervadono gli Orden Ogan anche nei momenti più veloci e pomposi. 

dave mustaine orden ogan

la discreta attesa di pubblico di cui sopra

 

In Ravenhead c’è dunque tutto quello che ci si poteva ragionevolmente aspettare dal nuovo disco degli Orden Ogan: cori da cantare al prossimo concerto, strofe per scapocciare, assoloni per l’air guitar, parti epiche su cui fare i cazzoni eccetera. Il singolo non può definirsi come il pezzo migliore del disco semplicemente perché il disco non ha né particolari cali di tono né particolari picchi; l’unica novità vera e propria consiste nelle partecipazioni alla voce di Chris Boltendahl (Grave Digger) e Joacim Cans (Hammerfall) in due pezzi. Ecco, se dovessimo proprio trovare una canzone da estrapolare allora sceglierei il pezzo con Cans, Sorrow Is Your Tale, melodica, sofferta e cadenzata, con un ritornello grandioso e sofferente e un climax da manuale del metallo tetesco dopo l’assolo. Speriamo che la suonino dal vivo, perché noi faremo di tutto per esserci anche questa volta. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)


Viewing all 123 articles
Browse latest View live